Abdel Rahman: il cittadino egiziano accusato di terrorismo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-03-27

Accusato di aver insegnato a una decina di bambini, ora segnalati al Tribunale per i Minorenni, il concetto di guerra santa, spiegando loro che l’unico modo per ottenere il Paradiso era la morte in battaglia

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Indottrinava i bambini sul martirio durante le lezioni di religione che teneva due volte a settimana nell’associazione culturale islamica “Al Dawa” di Foggia, di cui era presidente. Il 59enne Mohy Eldin Mostafa Omer Abdel Rahman, cittadino italiano di origine egiziana arrestato oggi su disposizione della Dda di Bari per terrorismo internazionale, è accusato di aver insegnato a una decina di bambini, ora segnalati al Tribunale per i Minorenni, il concetto di guerra santa, spiegando loro che l’unico modo per ottenere il Paradiso era la morte in battaglia.

Abdel Rahman: il cittadino egiziano accusato di terrorismo

Abdel Rahman nella sua qualità di responsabile dell’associazione culturale ”AL Dawa”, vero e proprio centro di culto islamico nel capoluogo dauno, già indagato per i reati di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale e istigazione a delinquere. L’attività investigativa si inserisce nel più ampio contesto operativo che nel luglio 2017 ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Eli Bombataliev, militante ceceno dell’Isis, anch’esso indagato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale. Le Fiamme Gialle hanno sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca l’intero immobile, sede dell’associazione culturale Al Dawa e 3 rapporti finanziari, il tutto per un controvalore complessivo stimato in circa 370 mila euro.

Le indagini sono scaturite da una segnalazione di operazioni sospette a carico del cittadino egiziano e della moglie Vincenza Barbarossa, 79 anni, che hanno consentito di rilevare in capo a Abdel Rahman una disponibilità economica sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, nel periodo dal 2011 al 2017. L’ipotesi è che l’Imam possa essersi procurato le disponibilità attraverso la cosidetta zakat (una sorta di raccolta fondi), personalmente operata nell’ambiente dei soggetti di fede islamica frequentatori della moschea Al Dawa, gestendo il denaro accumulato in maniera poco trasparente.

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