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Il bollettino sul Coronavirus in Lombardia oggi 13 ottobre

neXtQuotidiano 13/10/2020

L’aggiornamento sulla diffusione dei contagi di Coronavirus in Lombardia con i dati della regione dopo i696 casi e tre decessi di ieri: 1080 casi e 6 decessi

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L’aggiornamento sulla diffusione dei contagi di Coronavirus in Lombardia con i dati della regione dopo i696 casi e tre decessi di ieri: 1080 casi e 6 decessi. I pazienti in terapia intensiva sono in considerevole aumento: 62, 12 in più rispetto a ieri. I ricoverati sono 546, in crescita di 83 nelle ultime 24 ore. sono stati effettuati 17186 tamponi

Il bollettino sul Coronavirus in Lombardia oggi 13 ottobre

Per quanto riguarda la ripartizione dei casi nelle province: Milano: 440, di cui 236 a Milano città; Bergamo: 40; Brescia: 35; Como: 61; Cremona: 23; Lecco: 43; Lodi: 10; Mantova: 46; Monza e Brianza: 180; Pavia: 34; Sondrio: 10; Varese: 121.

 

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“Milano, tra le città lombarde, oggi ha i guai maggiori. Sei mesi fa la metropoli è stata risparmiata da quello che è accaduto a Bergamo. Ma quello scenario riportato qui sarebbe un gravissimo problema sanitario perché allora per curare i malati gravi Covid (a Bergamo, Brescia e Lodi) abbiamo usato tutte le terapie intensive regionali”. Così Antonio Pesenti, direttore del dipartimento di rianimazione del Policlinico e coordinatore delle terapie intensive nell’Unità di crisi della Regione Lombardia per l’emergenza coronavirus, sul Corriere della sera. “Al momento non conosciamo il reale numero degli infetti, e questi dati non ce li può dare nessuno, nonostante tracciamenti e tamponi – osserva – si tratta di stime; le uniche armi efficaci sono preventive: distanziamento sociale e mascherina. Se verranno prese le decisioni giuste siamo ancora in grado di contenere la curva dei contagi”. La priorità del Comitato scientifico lombardo dovrebbe essere di “individuare e trattare il maggior numero possibile di focolai che si concentrano ora nelle famiglie; in più dobbiamo evitare in ogni modo di sovraccaricare gli ospedali. Già oggi i pronto soccorso del milanese sono in affanno: non appena arriva un malato Covid i protocolli bloccano di fatto la normale attività. Sono necessarie scelte tempestive per non ritrovarci in difficoltà molto peggiori nel pieno dell’inverno”. “Parlo da cittadino – dice – i giovani dovrebbero rinunciare subito, per due o tre settimane, all’happy hour. Adesso si chiederebbe loro un sacrificio modesto. Se Milano dovesse vivere la situazione di marzo ed aprile la gestione sanitaria sarebbe molto complessa”

 

 

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. Intanto  quasi 600 operatori sanitari, principalmente di Bergamo ma anche del resto della Lombardia, hanno firmato una lettera da inviare alle istituzioni per manifestare i propri timori per la seconda ondata di Covid. “Lo scenario prevedibile sarà caratterizzato da un notevole aumento di richieste di prestazioni e di azioni sanitarie. Il rischio è che l’intero Sistema venga messo ancora una volta sotto stress estremo, ritardando la cura di altre patologie” scrivono i medici. I sanitari sono convinti che “per arrivare ad una gestione efficace e ordinata degli eventi non può bastare la sola disciplina della popolazione, che ci ha consentito di uscire dalla fase di crisi e di immaginare una nuova normalità, ma serve una coordinata e lungimirante risposta delle istituzioni preposte, quella messa in campo sinora non è sufficiente”. Per questo chiedono interventi per ridurre il rischio contagio dentro gli ospedali. “Riduzione delle liste di attesa di pazienti cronici oncologici, riduzione delle delle liste di attesa di pazienti elettivi, definire percorsi puliti e sporchi chiari e sicuri, creazione di percorsi rapidi per condurre precocemente in gestione extraospedaliera i pazienti COVID, e la creazione percorsi rapidi per condurre precocemente in gestione extraospedaliera i pazienti cronici di qualsiasi tipo, che sono i più fragili nei confronti dell’epidemia”. Chi ha firmato la lettera ha poi proposto undici azioni extra ospedaliere per poter evitare che il Sistema sanitario torni al collasso come nel momento più acuto della pandemia a marzo scorso

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