Attualità
Vigneto: la vera storia dei 15 profughi ospitati nel "paese" di nove abitanti
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2016-09-23
Quando l’accoglienza non è di tutti ma solo di alcuni. La vicenda dei 15 immigrati ospitati in una frazione collinare dove risiedono 9 abitanti solleva di nuovo il problema sulla gestione dell’accoglienza, che a volte diventa un business ad uso e consumo degli italiani che possiedono le società che la gestiscono
Oggi Piero Colaprico su Repubblica, nell’occasione trasformatasi in succursale de Il Populista, ci racconta della clamorosa indignazione di Vigneto, minuscola frazione sulle colline piacentine, per il fatto che siano arrivati ben 15 profughi in una frazione di 9 abitanti. Una vergogna, verrebbe da dire. Una vergogna che casualmente Repubblica riprende para para da La Libertà di Piacenza, per essere precisi, che una settimana prima del prestigioso quotidiano di Largo Fochetti scriveva più o meno lo stesso articolo con lo stesso titolo.
La resistibile “invasione” degli immigrati a Vigneto
La Libertà, però, raccontando la simpatica storia parlava di “numeri che stravolgono completamente qualsiasi logica sulle percentuali di ripartizione dei richiedenti asilo“. Repubblica, molto più furba, non dice niente di tutto ciò: si limita a farlo dire agli altri:
La spiegazione migliore “delle problematiche” viene da Alberto Giovannini, tecnico radiologo in pensione. Sulla finestra ha una bandierina italiana e in un campo le nuove fungaie per i tartufi neri: “Questo è paesino di montagna, con cinque famiglie residenti. All’improvviso, a giugno, hanno mandato tre coppie di nigeriani e a luglio, com’erano arrivate, sono scomparse. È tornato il silenzio, finché a metà agosto in quella casa, la casa dell’Adriano, arrivano pulmini, con le reti di materasso, i sacchi di patate e quindici giovani del Bangladesh. Nove abitanti italiani e quindici stranieri, ma è giusto? Qui – puntualizza Giovannini – non è questione di razzismo, ma d’invasione. Il mio vicino, che ora è in vigna, ha l’agriturismo e nel weekend c’erano gli ospiti, i quali aprono le finestre e “so mia me”, non so io, invece di godersi le colline del piacentino…”, alza la mano e indica gli orientali, che da lontano sorridono e salutano.
È un’invasione in piena regola quindi? No, perché anche se i profughi non fanno parte del SPRAR, ovvero del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, Repubblica omette alcuni particolari interessanti, nel bene e nel male. Ad esempio non chiama mai Vigneto “paese”, e si capisce perché. Basta andare sul sito della Pro Loco per scoprire che:
Oggi Cassano è una frazione del comune di Ponte dell’Olio e “controlla” anche le località Querceto (a nord del paese), Rampi (a sud) e Vigneto (sempre a sud dopo i Rampi). Conta poco meno di duecento abitanti residenti, mentre d’estate, grazie ad un clima invidiabile, raddoppia quasi il numero.
Ovviamente Ponte dell’Olio è invece un comune di 4800 abitanti. E Repubblica sorvola sul fatto che l’accoglienza di migranti e richiedenti asilo a Ponte dell’Olio non è certo una novità ad esempio già nel settembre del 2014 ci furono sì delle polemiche riguardo l’arrivo di 15 profughi di nazionalità nigeriana in paese ma la cosa rientrò subito. All’epoca ci fu ovviamente il classico sit in della Lega Nord e Davide Tacchini, della cooperativa L’Ippogrifo spiegò che la villetta (che non è la stessa dell’articolo di Repubblica e non è della stessa zona) dove venivano ospitati i richiedenti asilo era stata affittata dalla cooperativa per consentire una sistemazione dignitosa. Polemiche che vennero messe a tacere quando il Comune decise che gli ospiti della cooperativa avrebbero dato una mano a intonacare gli interni dell’ex-scuola Riva e a sistemare una strada. Insomma il modo per far sì che vengano a crearsi rapporti di convivenza e buon vicinato ci sono, tant’è vero che l’esperienza dell’Ippogrifo prosegue tutt’ora senza problemi e lamentele da parte dei residenti di Ponte dell’Olio.
Il business sulla pelle degli immigrati
Ma un conto è ospitare dei rifugiati in un contesto urbano un altro con un progetto ben preciso volto a insegnare loro la lingua e a favorire l’integrazione un altro invece è farli arrivare da un giorno all’altro in una frazione dove abitano nove abitanti. La responsabilità è in gran parte della Prefettura che non ha modo di organizzare per tempo i trasferimenti ma anche di chi individua le strutture, ovvero della società – la Rest Srl – che attualmente ha in carico i migranti ospitati a Vigneto. È vero, la Prefettura ha dato alla Rest l’incarico di trovare una sistemazione idonea per queste persone e approvato la soluzione di Vigneto, dal punto di vista della legalità della situazione non c’è nulla da eccepire. Il presidente della Rest – società che già in passato era finita al centro delle polemiche per la gestione dei profughi ospitati al Ferrhotel di Piacenza – Carlo Loranzi sostiene che i quindici cittadini del Bangladesh non sono abbandonati a loro stessi, vengono assistiti da operatori (dipendenti della Rest) e che seguono corsi di italiano due volte a settimana. Ma davvero è così? L’episodio del trattore lasciato nelle disponibilità degli ospiti che se ne vanno in giro e la descrizione dei ponteggi improvvisati utilizzati per ridipingere la facciata della casa fanno pensare il contrario, ovvero che manchi una qualche forma di controllo. I mezzi da lavoro incustoditi fanno pensare che forse la struttura non è poi così adeguata all’accoglienza. Non sono gli ospiti o il fatto che non conoscano le regole da rispettare il problema è chi li gestisce. Guarda caso la stessa problematica denunciata a suo tempo da alcuni consiglieri regionali e comunali in merito alla gestione dell’accoglienza al Ferrhotel. Certo c’è l’emergenza profughi e quindi i problemi si presentano all’improvviso e tanto all’improvviso devono essere risolti, ma questo non giustifica questo modo di gestire l’accoglienza una situazione nel suo piccolo così pericolosamente simile a quanto accaduto nell’estate del 2015 a Quinto di Treviso. Al telefono Loranzi ci dice: “quanti saranno tra dieci anni i residenti di Vigneto?”, allude allo spopolamento delle zone montane e vede i richiedenti asilo come una risorsa (non solo economica) per non lasciare abbandonate quelle terre. Ma il punto è che quei quindici ragazzi non si stabiliranno a Vigneto, non diventeranno parte della Comunità (se non in via temporanea e solo se la società che gestisce l’accoglienza sarà in grado di porre in essere un progetto adeguato), non lavoreranno la terra o si prenderanno cura dei luoghi. Dopo di loro ne arriveranno altri, magari meno, magari meglio accolti ma saranno sempre ospiti e una volta che se ne andranno le colline rimarranno egualmente spopolate. Ma se non è il territorio a guadagnarci lo sono sicuramente le imprese come la Rest che non gestisce solo la casetta di Vigneto ma anche altri centri nel piacentino. Lo fa, come è naturale che sia, nell’interesse del profitto, in fondo mica è una ONLUS o una Cooperativa Sociale. Torniamo quindi alla polemica riguardante il business fatto sulla pelle degli immigrati, problema che ha come protagonisti non tanto gli immigrati quanto chi li accoglie. E ad accoglierli in questo caso non sono gli abitanti di Vigneto ma una società privata che da anni fa questo lavoro.
EDIT: Il sindaco di Ponte Dell’Olio, Sergio Copelli ci ha spiegato come è stata affrontata la situazione da parte dell’Amministrazione comunale. Come detto sopra a Ponte Dell’Olio è già attivo da due anni un progetto di accoglienza che funziona molto bene. Alcuni dei migranti ospitati in paese hanno seguito dei corsi di formazione con la scuola edile per la ristrutturazione di alcune parti di una ex- scuola, la stessa dove attualmente dei volontari individuati dal comune tengono lezioni di italiano per gli stranieri. Nel complesso il Sindaco spiega che la presenza di 29 migranti nel territorio comunale non è un problema in sé perché Ponte Dell’Olio è sempre stata in grado di accogliere le presenze ospiti. Certo, va capita la situazione dei residenti della piccola frazione di Vigneto che si sono visti arrivare dall’oggi al domani il gruppo di ragazzi ospitati dalla Rest. Il Sindaco però ha subito provveduto a incontrare la cittadinanza per spiegare la situazione, intervenendo presso la Prefettura in modo da richiedere la presenza fissa di un operatore della società che ha in carico la gestione dei migranti in modo da consentire ai residenti di avere la possibilità di interfacciarsi con chi si occupa dell’accoglienza al fine di risolvere eventuali piccoli conflitti di convivenza. Convivenza che ad oggi è assolutamente pacifica, quattro degli ospiti di Vigneto svolgono lavori socialmente utili per il Comune: sono stati iscritti all’albo del volontariato e collaborano con gli operai nella cura del verde pubblico. Naturalmente il Sindaco Copelli capisce le necessità dei residenti di Vigneto e ritiene che un buon amministratore debba essere in grado di tutelare i suoi cittadini e al tempo stesso mettere i migranti nelle condizioni di apprendere le regole del vivere civile. Lo sforzo dei sindaci rispetto all’accoglienza di migranti e richiedenti asilo deve essere, secondo Copelli, quello di far sì che nessuno si senta escluso: i cittadini italiani si devono sentire tutelati e i migranti accolti. Fino a questo momento l’esperienza di convivenza attuata a Ponte Dell’Olio sembra confermare questo modo di vedere le cose.