Attualità
Il vigile che non va al lavoro a Capodanno assolto
Alessandro D'Amato 11/02/2017
Una delle agenti della notte del Capodanno 2015 dimostra che le chiamate del Comando erano irregolari e si salva. Sarà una sentenza pilota per gli altri casi. Il boicottaggio dei vigili finirà senza colpevoli
Alla fine è andata secondo le peggiori previsioni. I vigili che si sono dati malati a Capodanno 2015, 767 di cui 628 improvvisamente malati con tanto di certificato medico, finiscono senza alcuna sanzione per il loro comportamento. Di più: uno dei pochissimi rinviati a giudizio, una vigilessa «chiamata» prima che scattasse la «reperibilità», finisce a sorpresa assolta e si dichiara pronta a chiedere il risarcimento dei danni subiti. La sua, per di più, potrebbe rappresentare una sentenza pilota, alla quale chiederanno di essere assimilati anche gli altri (pochi) vigili finiti a giudizio sinora.
Il vigile che non va al lavoro a Capodanno assolto
La storia comincia nel dicembre 2014, quando Raffaele Clemente, comandante della Municipale, fa sapere che il numero di caschi bianchi in servizio a Capodanno è decimato perché in moltissimi si sono messi in malattia; molti adombrano la ritorsione nei confronti del sidnaco Ignazio Marino che ha appena deciso di introdurre la rotazione obbligatoria degli agenti.
Una riforma sostanziale sottoscritta dalla giunta Marino senza l’avallo delle sigle sindacali e che, secondo il Campidoglio, non andrà a intaccare lo stipendio di vigili, maestre e dipendenti degli uffici. Lo slogan è “chi lavora di più guadagna di più”, declinato in modo da agganciare le vecchie indennità ai ruoli, alle funzioni e alla turnazione: in una parola alla “produttività”, criterio che sostituisce tutti quei vecchi istituti contrattuali giudicati non applicabili dal Mef.
Per quanto riguarda il personale tecnico-amministrativo, ad esempio, ci saranno trasferimenti verso Municipi e gli uffici maggiormente congestionati dall’afflusso di cittadini: in questo modo, con l’introduzione dei turni per i lavoratori (dalle 8 alle 15 o dalle 13 alle 20), sarà possibile mantenerli aperti dalle 8.30 del mattino alle 20. I vigili urbani, invece, verranno premiati per la loro disponibilità a orari flessibili e a svolgere funzioni operative. L’obiettivo è portare più agenti in strada (si parla di 1000-1500 in più rispetto ad ora), sgravando il corpo di polizia municipale da una parte di compiti che attualmente svolgono, dalle verifiche anagrafiche alle notifiche amministrative. Verrà riorganizzato anche il personale scolastico, in modo da contenere i costi, eliminando alcune indennità (da quella per arrivare puntuali in classe ai premi per i colloqui con i genitori).
Inoltre, con il nuovo contratto decentrato, entrerà in vigore un “sistema integrato di valutazione del personale”: gli obiettivi dei singoli dipendenti verranno legati a quelli della dirigenza in modo tale, dicono dal Campidoglio, “che ognuno abbia interesse a remare nella stessa direzione”. La novità maggiore riguarda la cosiddetta “misurazione delle prestazioni” che fino a ieri era legata unicamente alla presenza in servizio. Ora, invece, bisognerà raggiungere specifici traguardi e garantire i livelli minimi di presenza annuale sul lavoro. Verranno puniti, dunque, tutti i dipendenti assenteisti.
A Capodanno per le strade di Roma è caos. I pochi agenti obbligati alla reperibilità non vengono trovati: telefoni spenti, tutti spariti nel nulla. A quel punto scatta l’inchiesta della procura di Roma. Sessanta medici ammettono di aver compilato i certificati senza visitare i pazienti e vengono iscritti al registro degli indagati per falso e rischiano la radiazione dell’albo. Per altri 38 l’ipotesi di reato è accesso abusivo al sistema informatico e sostituzione di persona perché avrebbero utilizzato le credenziali telematiche di colleghi (che conoscevano) per collegarsi al database del loro ambulatorio permettendo poi ai pizzardoni di sfruttare i documenti taroccati per giustificare l’assenza.
La fine della fiera
A un gruppo di pizzardoni, racconta oggi Il Messaggero, viene anche contestata l’interruzione di pubblico servizio per aver incitato i colleghi a disertare il turno con un passaparola sul web. Ma la prova della loro colpevolezza non c’è e tutti vengono archiviati.
Partono quindi gli accertamenti sui certificati medici, alcuni redatti dai dottori mentre si trovavano in località di villeggiatura, o in alcuni casi compilati con accessi abusivi al sistema informatico. La contestazione supera lo scoglio dell’udienza preliminare: 22 sanitari finiscono a processo. Dei 767 vigili assenti il 31 dicembre, solo 7 vengono indagati per truffa. Non arrivano però sul banco degli imputati: il gup rispedisce gli incartamenti in Procura. Il destino di altri 17 agenti sembra invece segnato. I pm emettono un decreto penale di condanna sibillino: «Rendendosi irraggiungibili nonostante fossero inclusi nei turni di reperibilità, si rifiutavano indebitamente di assumere servizio».
Per gli inquirenti la colpevolezza degli imputati «emerge con evidenza, le investigazioni svolte non lasciano dubbi». I 17, però, non ci stanno. Impugnano il decreto e scelgono il processo. Ieri, la prima sentenza. A fronte di una richiesta di condanna a 8 mesi, il giudice assolve l’imputata con formula piena. L’avvocato che difende 2 dei 17 caschi bianchi in questione,dimostra infatti che il Comando ha effettuato le chiamate in modo anomalo: «Spesso hanno contattato gli agenti quando non erano ancora reperibili e, quindi,non avevano alcun obbligo di rispondere alle chiamate», dichiara.
E così alla fine non ci sarà nessun colpevole.