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I giudici rimuovono il cognome del padre violento dal nome del figlio: avrà solo quello della madre
neXtQuotidiano 03/06/2022
La Corte d’appello di Venezia ha ordinato che il figlio di un uomo violento porti soltanto il cognome della madre. Il padre aveva provato a causarle un aborto picchiandola con pugni al ventre
Lui la picchiava con schiaffi e pugni, in un’occasione le ha lanciato addosso una sedia. Però aveva chiesto – e ottenuto – che il figlio che portava in grembo avesse il suo cognome. La Corte d’appello di Venezia ha però deciso di ribaltare la decisione del Tribunale di Treviso affidando al piccolo soltanto il cognome della madre. Dal suo atto di nascita sarà cancellato ogni riferimento al padre, che risulterà “sconosciuto”, per evitargli un “grave pregiudizio relativo allo sviluppo psicofisico”. La madre, una 25enne trevigiana, aveva intrapreso una relazione con l’uomo, 31enne marocchino, mentre si trovava in Erasmus in Francia. Già nei primi mesi però lui aveva iniziato a picchiarla “contestando il modo di vivere europeo – si legge nella sentenza – che permetteva alle donne di avere amici maschi e di salutarli per la strada”.
I giudici rimuovono il cognome del padre violento dal nome del figlio: avrà solo quello della madre
Dopo aver scoperto la gravidanza, l’uomo avrebbe anche provato a causare un aborto alla compagna colpendola con pugni al ventre. A quel punto la donna ha deciso di tornare dalla famiglia a Treviso, dove ha partorito. Nel 2019 però l’uomo si è trasferito in Italia e ha chiesto al Tribunale di Treviso il riconoscimento del figlio. I giudici gli diedero ragione e ordinarono all’Ufficiale dello Stato civile di Treviso “di annotare la paternità del ricorrente a margine dell’atto di nascita”, in modo che il piccolo “acquisisse il cognome paterno aggiungendolo a quello materno”. In quella sede era stato stabilito che lo straniero avrebbe dovuto versare 250 euro al mese – cosa che non ha mai fatto – alla ex compagna e avrebbe potuto vedere il bambino periodicamente.
Le motivazioni della sentenza
Da una perizia della Corte d’Appello è emerso che “il grado di investimento affettivo ed emotivo del padre verso il figlio è insufficiente per ritenere che la relazione con il bambino non possa essere motivo di pregiudizio per il suo futuro evolutivo”. Nelle motivazioni della sentenza che ha dato ragione alla studentessa si leggono le ragioni della decisione: “L’indole violenta, la sua totale incapacità di rendersi conto della gravità della proprie azioni, la totale mancanza di empatia, l’incapacità di mettersi nei panni, comprendere e curare i bisogni del figlio e il suo totale disinteresse dimostrato nei confronti di quest’ultimo”.