Valentina Pitzalis: come una vittima di “tentato” femminicidio è stata messa alla gogna

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-18

Nel 2011 Valentina ha rischiato di morire dopo che l’ex marito (morto nel tentativo di ucciderla) le ha dato fuoco. Oggi la vittima di quel femminicidio “mancato” rischia di finire sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio. In mezzo la sistematica demolizione mediatica della vittima, e per ora nessuna prova concreta

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Valentina Pitzalis è uno dei simboli della violenza sulle donne. Nella notte fra il 16 ed il 17 aprile 2011 ad Bacu Abis (Carbonia) il suo ex marito Manuel Piredda con la scusa di doverle chiedere alcuni documenti la convinse a recarsi presso il suo appartamento. Una volta arrivata Valentina Manuel le getta addosso della benzina e le dà fuoco.

Cosa è successo a Valentina Pitzalis

Nel tentativo di toglierle la vita Manuel Piredda si dà fuoco a sua volta e muore. Valentina invece, dopo essere stata avvolta dalle fiamme per venti interminabili minuti viene soccorsa. I pompieri dovranno entrare con l’autorespiratore a causa del fumo denso, e incontreranno notevoli difficoltà nell’individuare il corpo della donna. Sopravviverà ma dovrà sottoporsi a mesi interminabili di terapie e interventi chirurgici, il volto sfigurato (il fuoco le ha portato via le orecchie e il naso) e perderà la mano destra. In fondo le è andata “bene”, poteva morire.

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Poteva andare peggio. Valentina poteva essere una delle tante, troppe, vittime di femminicidio. Donne uccise in maniera brutale dai partner o dagli ex compagni. Invece è viva, e può raccontare prima in un libro poi in un documentario, la sua storia. Le sue ferite diventano una testimonianza della violenza degli uomini sulle donne.La storia però non finisce qui. Il 5 luglio 2017 Valentina Pitzalis viene indagata per omicidio e incendio doloso. Sfugge ai più la dinamica degli eventi e soprattutto il movente di Valentina. Dall’altra parte invece era piuttosto evidente che Manuel non si volesse rassegnare alla fine del matrimonio.

Da vittima di femminicidio a indagata per omicidio

Roberta Mamusa, la  madre di Manuel Piredda, non crede alla sua versione dei fatti. Non crede che suo figlio possa essere stato capace di un gesto tanto atroce. È comprensibile, è una cosa terribile anche solo da immaginare. Ma la signora Mamusa crede anche che sia stata Valentina a uccidere l’ex marito. Non era la prima volta che la madre di Manuel accusava la Pitzalis: nel 2016 i legali della famiglia presentano una denuncia per omicidio nei confronti di Valentina. Denuncia che viene archiviata e rigettata. In questi anni, racconta Selvaggia Lucarelli su Fatto Quotidiano, la madre di Piredda «apre una serie di pagine Facebook tra cui una (attiva) con 30.000 adepti». Da quelle pagine, prosegue la giornalista del Fatto, scrive cose su Valentina e soprattutto «invita i 30.000 follower a tempestare di mail chiunque la inviti in tv e realizza video in cui urla: “Non ho niente da perdere, non mi fermerò mai!”».

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A quel punto viene riesumato il corpo di Piredda: si cercano ferite da arma da fuoco perché una criminologa citata nella denuncia ne aveva parlato: non se ne trovano. Ma il procedimento giudiziario va avanti. La perizia del medico legale esclude qualsiasi tipo di violenza, eppure le indagini vanno avanti: la vittima si trasforma in carnefice. Secondo la difesa della Pitzalis la vicenda «è un meccanismo di fake news applicato alla giustizia: un tentato femminicidio archiviato viene riaperto cinque anni dopo in base ad una denuncia della famiglia Piredda basata su illazioni e su un falso». La descrizione del gruppo Facebook “Verità e giustizia per Manuel” è già una sentenza: “dopo quasi 8 anni, si è scoperto che Manuel è stato ucciso e poi dato alle fiamme”. In realtà non è stato scoperto nulla, né tanto meno è stato accertato che quanto sostiene la famiglia di Manuel risponda al vero.

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Si vedrà in aula, in caso Valentina dovesse essere rinviata a giudizio. E in aula sarà costretta a rivivere quella notte, il trauma, i dolorosi mesi di convalescenza. Lei fa sapere di avere fiducia nella giustizia. Ma il rischio è un altro. Il rischio è che l’opinione pubblica venga portata a dividersi scioccamente tra innocentisti e colpevolisti. E soprattutto che i negazionisti del femminicidio (sì, ce ne sono) possano approfittare dell’eventuale processo per addossare sulle vittime (o sulle vittime mancate) le colpe dei loro carnefici. I rotocalchi “specializzati” già hanno iniziato a mettere in dubbio la versione di Valentina. Cosa succederà quando inizierà il dibattimento? Come riporta la Lucarelli ci sono già molte persone che dicono che Valentina Pitzalis “è un’attrice” o che è una “psicopatica” che “doveva finire di bruciare”. Altre violenze, questa volta psicologiche. Qualcuno si chiede: finirà mai?

 

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