La storia del vaccino italiano per il coronavirus SARS-CoV2

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-03-18

La Takis di Castel Romano ha ricevuto il via libera dal Ministero della Salute per iniziare i test pre-clinici su quattro possibili candidati per lo sviluppo di un vaccino contro il coronavirus. Cosa significa, quanto si dovrà aspettare per avere un vaccino e quali saranno i passi successivi della ricerca scientifica?

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Il Ministero della Salute, scrivono le agenzie di stampa, ha autorizzato un’azienda biotech romana Takis ad effettuare i test pre-clinici per lo sviluppo di un vaccino per Covid-19. I primi risultati dei test, si legge in una nota stampa pubblicata dall’azienda, potrebbero essere pronti già ad aprile. Per il vaccino invece si dovrà attenere ancora del tempo, secondo l’amministratore delegato della Takis Luigi Aurisicchio «se i risultati saranno soddisfacenti il vaccino potrebbe già essere testato sull’uomo nel prossimo autunno».

Takis e CureVac, le due aziende europee che stanno lavorando ad un vaccino contro Covid-19

La Takis aveva annunciato già a gennaio di voler realizzare un vaccino genetico che – spiegano – «si  basa sulla tecnologia chiamata elettroporazione, che consiste nell’iniezione nel muscolo seguita un brevissimo impulso elettrico che facilita l’ingresso del vaccino nelle cellule e attiva il sistema immunitario contro il coronavirus». L’autorizzazione del Ministero è il primo passo per arrivare a sviluppare un vaccino per uso umano.

takis vaccino coronavirus sperimentazione animale - 1

La fase pre-clinica  fornirà i dati preliminare sull’efficacia del vaccino e sarà realizzata in collaborazione con l’Istituto Spallanzani di Roma dove verranno condotti gli esperimenti sulle cellule per verificare la capacità del vaccino di bloccare la replicazione del virus. Per arrivare alla fase finale – che consiste nella preparazione del vaccino e lo studio clinico vero e proprio – però servono finanziamenti. Ragione per cui la Takis Biotech ha aperto una campagna di raccolta fondi su GoFundme per reperire i due milioni di euro necessari.

curevac vaccino coronavirus sperimentazione animale - 2

Parallelamente alla Takis si sta muovendo anche la CureVac – un’azienda farmaceutica collegata all’Università di Tubinga, in Germania – che “ha già avviato il suo programma di sviluppo di un vaccino anti Covid-19 e si prevede l’avvio di test clinici a partire da giugno 2020”. L’azienda è quella finita al centro di un piccolo giallo internazionale per l’interesse di Donald Trump ad acquistarla in modo da garantire l’eventuale vaccino “in eslcusiva” per gli USA.

Quali sono le sfide che dovrà affrontare chi lavora ad un vaccino per Covid-19?

Al momento infatti il vaccino vero e proprio non c’è, i test che inizieranno a partire dai prossimi giorni hanno lo scopo di effettuare «la valutazione sperimentale di 4 possibili candidati allo sviluppo clinico». Solo dopo questa fase potrà iniziare la fase di sviluppo del potenziale vaccino. Ma allora cosa ha approvato il Ministero? La possibilità per la Takis – che al momento risulta essere l’unica azienda in Europa ad avere sviluppato un preparato simile – di eseguire i test sugli animali per un vaccino contro SARS-CoV2.

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Sarà solo se i test sugli animali da laboratorio confermeranno la non tossicità del preparato che si potrà proseguire con la sperimentazione del vaccino. Questa è la procedura normale per l’approvazione di un farmaco e di un vaccino ed è di primaria importanza non saltare i passaggi fondamentali in modo da garantire la massima sicurezza possibile per il futuro vaccino. Come spiegava su Repubblica  il dottor Gennaro Ciliberto, presidente Federazione italiana Scienza della vita, ci saranno poi altri ostacoli da superare. Perché il potenziale vaccino non solo dovrà dimostrare di essere sicuro e – cosa fondamentale – di essere in grado di aggredire il virus. Il vaccino dovrà anche evitare di avere l’effetto opposto, quello di aiutare il virus ad entrare nelle cellule o di far insorgere effetti collaterali.  Quali sono gli altri ostacoli? Ciliberto ne elenca due: il primo è dato dal fatto che «il virus della SARS non sempre induce una risposta immunitaria permanente, e ciò potrebbe essere vero anche per il virus che causa COVID-19». Il secondo è invece rappresentato «dal veloce mutare tipico dei coronavirus, i quali potrebbero cambiare in maniera tale, da non essere più ben riconoscibili dal sistema immunitario “addestrato” dal vaccino su un virus precedente» un po’ come accade per l’influenza stagionale per il quale è necessario un nuovo vaccino ogni anno. 

Foto copertina: cellule di SARS-CoV2 viste al microscopio elettronico. Fonte: Takis Biotech

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