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Respinto il ricorso di Ungheria e Polonia: i fondi UE solamente con il rispetto dello “stato di diritto”

neXtQuotidiano 16/02/2022

La corte di Giustizia dell’Unione Europea ha respinto i due ricorsi sul meccanismo di condizionalità tra stato di diritto e concessione dei fondi UE agli Stati

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Per poter ricevere e usufruire dei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, gli Stati membri devono rispettare quelle linee di principio attorno alle quali si costruisce uno stato di diritto per tutti i cittadini. Per questo motivo la Corte di Giustizia della UE ha respinto i ricorsi presentanti da Ungheria e Polonia che erano state “rimandata” dalla Commissione per via di alcune loro leggi discriminatorie, in modo particolare per quel che riguarda le comunità LGBTQ+.

Ungheria e Polonia devono rispettare lo “stato di diritto”

Il tema, dunque, era quello del meccanismo di condizionalità sui fondi europei. Ungheria e Polonia avevano presentato ricorso dopo che alcune loro leggi erano state etichettate come discriminatorie (come quella voluta da Orban che poneva il divieto di affrontare il tema dell’omosessualità con i minorenni). Ma la Corte di Giustizia Europea non ha dubbi sulla validità di quel principio:

Il regolamento mira, pertanto, a proteggere il bilancio dell’Unione da pregiudizi derivanti in modo sufficientemente diretto da violazioni dei principi dello Stato di diritto, e non già a sanzionare, di per sé, violazioni del genere. A tale riguardo, la Corte ricorda che il rispetto da parte degli Stati membri dei valori comuni sui quali l’Unione si fonda, che sono stati identificati e condivisi dai medesimi, e che definiscono l’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune a tali Stati4 , tra i quali lo Stato di diritto e la solidarietà, giustifica la fiducia reciproca tra tali Stati. Poiché tale rispetto costituisce quindi una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei Trattati a uno Stato membro, l’Unione deve essere in grado, nei limiti delle sue attribuzioni, di difendere tali valori. La Corte precisa su tale punto, da un lato, che il rispetto di tali valori non può essere ridotto a un obbligo cui uno Stato candidato è tenuto al fine di aderire all’Unione e dal quale potrebbe sottrarsi in seguito alla sua adesione. Dall’altro lato, essa sottolinea che il bilancio dell’Unione è uno dei principali strumenti che consentono di concretizzare, nelle politiche e nelle azioni dell’Unione, il principio fondamentale di solidarietà tra Stati membri e che l’attuazione del principio in questione, mediante il bilancio, si basa sulla fiducia reciproca tra di essi nell’utilizzo responsabile delle risorse comuni iscritte in bilancio“.

Per questo motivo è stato bocciato il ricorso. Ma l’Ungheria, in modo particolare, non ha preso benissimo questa decisione. Lo si evince dalle parole di Zoltan Kovaks, il portavoce del premier magiaro Orban: “Il cosiddetto meccanismo condizionale prevede che siano trattenuti finanziamenti se un Paese membro non rispetta i valori base del blocco, o perlomeno così dicono. Perché sappiamo fin troppo bene che questo argomento è solo di facciata. Di fatto la sentenza di oggi è un attacco contro la legge per la protezione dei minori ungherese che ha come obiettivo quello di lasciare le attività Lgbtq fuori dalle scuole, di proteggere i bambini ungheresi dalla propaganda nell’educazione sessuale, e garantire che le decisioni che riguardano l’educazione dei figli rimangano solo diritto dei loro genitori”.

(Foto IPP/picture alliance/Robert Michael)

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