Trasfusioni: come funziona la procedura per ricevere il sangue giusto

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-17

Il sistema è perfezionabile: oggi in molti ospedali viene utilizzato un bracciale con un codice a barre per riconoscere il paziente

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Ieri Angela Crippa, 84 anni, è morta per un caso di trasfusione sbagliata dovuto a un’omonimia: la sacca di sangue era destinata a un’altra paziente: stesso cognome, stesso reparto, stesso giorno dell’intervento. La sacca sbagliata è rimasta attaccata una ventina di minuti: in questi casi gli anticorpi del paziente vengono aggrediti dai globuli rossi, non riconosciuti per la differenza del gruppo sanguigno. Inutile la dialisi per ripulirle il sangue. Eppure è dello 0,00004% la probabilità che una sacca di sangue venga trasfusa per un errore di identificazione del paziente negli ospedali italiani (i casi di omonimia sono quelli più ricorrenti). Si tratta di un caso ogni 2,5 milioni di sacche in un anno. Giancarlo Maria Liumbruno, direttore generale del Centro Nazionale Sangue, spiega al Corriere della Sera che la correttezza della procedura è garantita da un decreto del ministro della Salute (del 2015, ndr) che elenca i passaggi fondamentali ed è in vigore in tutto il territorio.

Come si fa a essere sicuri di ricevere il sangue giusto?
«Ci sono diverse barriere di sicurezza da superare prima di arrivare al paziente. Ogni fase del processo, dal momento in cui viene prelevata al paziente la provetta per le prove di compatibilità fino a quando si somministra la trasfusione, è caratterizzata da controlli in doppio finalizzati a garantire l’esatto abbinamento tra destinatario e sacca. L’identificazione del ricevente deve essere effettuata al letto del paziente da due operatori sanitari immediatamente prima dell’inizio della trasfusione e i controlli includono la verifica dei dati identificativi riportati sul braccialetto confrontati con quelli riportati su ogni singola sacca e sulla documentazione che la accompagna».

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Trasfusioni: la procedura e i rischi (La Repubblica, 17 settembre 2019)

Il sistema è perfezionabile: oggi in molti ospedali viene utilizzato un bracciale con un codice a barre per riconoscere il paziente. Il sistema, a Vimercate, è in via di implementazione: è cioè attivo in alcuni reparti. Ma non in altri, come in quello di Ortopedia. Dove i pazienti, in caso di trasfusione, vengono sottoposti al cosiddetto “controllo attivo”: in pratica, viene chiesto loro di ripetere nome, cognome e data di nascita, per verificare che gli estremi sulla sacca di sangue siano corretti.

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