Attualità
Tor Tre Teste: cosa c'è di strano nella storia dei rom che hanno rapito un bambino
neXtQuotidiano 18/11/2014
Anche in questa c’è qualcosa di poco chiaro. Che puntualmente esce dopo che il razzismo ha colpito
Oggi molti giornali hanno riportato una notizia riguardo un fatto accaduto a Tor Tre Teste, quartiere romano. Il Messaggero ha riportato molti dettagli della storia, accaduta nel cortile di uno stabile occupato: un uomo e una donna sono accusati di aver tentato di rapire il figlio di due occupanti, che ha otto mesi. Il racconto della madre:
«Mio figlio più grande mi ha chiamata: corri mamma c’è un uomo che sta prendendo Andrea (nome di fantasia) dal seggiolino. Sono corsa nel cortile: ho visto un individuo che prendeva in braccio il mio bimbo di otto mesi. Ho urlato a squarciagola. Lui, dopo avermi minacciata di spararmi in testa, è fuggito su un furgone». Gli equipaggi della polizia, intervenuti nel giro di pochi istanti in quel tratto del Casilino, sono riusciti ad intercettare i due presunti sequestratori ancora a bordo del furgone: si tratta di due nomadi del campo di Salone, un uomo e una donna: Vitez S., 42 anni e Zumra A. di 47. La coppia è stata riconosciuta senza ombra di dubbio dalla vittima che aveva descritto agli agenti in modo dettagliato il furgone, bianco con un braccio meccanico di colore rosso. Per i due nomadi è scattato l’arresto in flagranza di reato convalidato dal pm di turno .
L’articolo del Messaggero che riporta la notizia:
L’accento posto sulla parola “ROM” nei titoli fa pensare. Se non altro perché qualche ora dopo sono uscite una serie di agenzie di stampa che raccontano che la storia è andata in modo molto diverso.
Una faida tra due famiglie nomadi e vecchi rancori hanno portato, sabato sera, al tentativo di rapimento di un bimbo di appena 8 mesi, approfittando di un attimo di distrazione della madre. E’ accaduto nel cortile di uno stabile occupato di via Tor Tre Teste, alla periferia di Roma. L’uomo e la donna responsabili del tentativo di rapimento, che vivono nel vicino campo nomadi di via Salviati – in questi giorni al centro delle richieste di chiusura da parte degli abitanti di Tor Sapienza – sono stati rintracciati e arrestati dalla polizia. Secondo quanto accertato la mamma del neonato e il responsabile del tentato rapimento si conoscono da tempo perche’ hanno vissuto nello stesso stabile occupato. Alla base del gesto, ipotizzano gli investigatori, il fatto che l’uomo rivendichi la paternita’ del piccolo. (ANSA, 13.56)
Come si è scoperto successivamente, l’uomo responsabile del gesto e la madre del piccolo si conoscono da tempo, avendo coabitato in uno stabile occupato per diverso tempo. Tra le ipotesi investigative emerse, pertanto, vi è anche quella che il tutto sia avvenuto in quanto l’uomo ritiene di poter vantare diritti di paternità sul neonato. Per entrambi è scattato l’arresto. Di tutto ciò è stata data notizia in un altro articolo del Messaggero. Ora, per gioco, date un’occhiata alle condivisioni del pezzo, e confrontatele con quello precedente:
Il secondo articolo fa anche sapere altro a proposito delle origini rom di entrambe le famiglie: «la donna che ha subito il tentativo di sequestro del neonato è di origini zingare ma dall’età di 12 anni ha cambiato percorso di vita lasciando il campo. Da anni è sposata e ha la cittadinanza italiana. Lei e il marito sono incensurati e sempre secondo la polizia, il loro stile di vita è normale: il marito è un onesto lavoratore e la moglie bada ai figli». In attesa di scoprire la verità, e dei risultati delle indagini possiamo già certificare che il rapimento con rivendicazione di paternità eccita meno i lettori. E il motivo è piuttosto facile da comprendere.