Mafia Capitale e l'eredità della Banda della Magliana

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2014-12-05

Le indagini su un tentato omicidio rivelano il network di affiliazioni dell’organizzazione di Carminati. E le sue ramificazioni, che arrivano fino alla camorra napoletana. Secondo uno schema conosciuto, perché usato tanti anni prima dalla batteria di Giuseppucci per prendersi Roma

article-post

Tutto comincia il 22 novembre del 2012, in tarda mattinata. Quel giorno in via delle Macere a Formello Mauro Vecchioni, 45 anni e precedenti per droga, sta facendo jogging mentre due uomini in sella a uno scooter bianco gli si accostano e gli sparano. Uno, due, tre colpi: colpito alla spalla, Vecchioni riesce a scappare attraverso i campi della zona. Quando non lo inseguono più chiama l’ambulanza e si fa trasportare al Sant’Andrea. Da quello che aveva tutta l’aria di essere un regolamento di conti cominciano le indagini dei carabinieri. I quali non ci mettono tanto a scoprire che in effetti si trattava di vendetta. Il fattaccio risaliva al luglio precedente, al Colo Loco di Ponte Milvio. Vecchioni aveva aggredito per futili motivi Sasà Esposito. E sapeva anche benissimo che quello gliel’avrebbe fatta pagare.

via delle macere formello
Via delle Macere a Formello, teatro dell’agguato a Vecchioni

TUTTO IL CRIMINE DI ROMA BANDA PER BANDA
Salvatore detto Sasà, e il fratello Gennaro Detto Genny erano figli di Luigi Esposito, cioé Gigino ‘a Nacchella, camorrista in servizio presso la famiglia Licciardi e amicod i Giovanni Di Domenico, suo socio nel narcotraffico ed entrambi agli ordini di qualcuno che stava molto più su. Ovvero proprio quel Michele Senese che rappresenta uno dei canali più proficui della camorra a Roma. Vecchioni era in quel locale per recupero crediti: Massimiliano Sofri, titolare della Concept Garage, gli doveva dei soldi (secondo lui) oppure stava cercando di farseli dare, come diceva Orial Kolaj, ex pugile albanese che a Ponte Milvio era di casa. A un certo punto, in quella che sembrava una reunion delle vecchie conoscenze della criminalità romana degli anni Ottanta, a far da mediatore si presenta il figlio di Enrico Nicoletti, che conosceva sia Sofri che Vecchioni. Poi comincia la rissa e qualche mese dopo qualcuno presenta il conto a Vecchioni. O meglio, ci prova. Ma a quel punto gli inquirenti hanno già capito che devono tenere sotto controllo la vittima per arrivare al colpevole. E mettendo sotto controllo Vecchioni ascoltano una sua conversazione con Roberto Macori, un altro degli affiliati di Gennaro Mokbel che aveva entrature anche presso Senese. Vecchioni e Macori parlano e gesticolano, e si riferiscono a qualcuno prima facendo il saluto romano e poi chiamandolo “Il Guercio”: è la prima volta che il nome Massimo Carminati compare nell’inchiesta. E con un ruolo ben preciso: quella zona, Roma Nord, è zona sua. Quindi lui sa, minimo. I due fanno anche un altro nome: Giovannone. Quel Giovanni De Carlo che poi è considerato un criminale di prima grandezza, pronto a prendere il posto di Carminati stesso. Ma soprattutto: amico di Kolaj, amico di Sasà, amico di Genny.
mafia capitale michele senese
Nella foto: Michele Senese

 
LE BATTERIE DI PONTE MILVIO
E qui indirettamente è proprio Vecchioni, che indaga e continua a chiedere ad amici chi possa averlo voluto morto, a spiegare a chi lo ascolta chi comanda a Roma e perché:

In particolare, il MAZZALUPI descriveva l’ascesa di PISCITELLI Fabrizio alias Diabolik (..Diabolik sta sempre con… sono tutti, non lo so come ha fatto? In questi quattroanni ha fatto una scalata che non vi rendete conto!!), il quale era riuscito, grazie i suoilegami con “i napoletani”, a divenire a capo della “batteria” di cui facevano parte “glialbanesi”, descritta come particolarmente pericolosa (“i Napoletani e gli Albanesi è unacosa… Questa è gente di merda!! Questa è gente cattiva…”).Inoltre, gli stessi apparivano fare riferimento ad una precisa spartizione del territorio di Ponte Milvio tra “i napoletani” e le altre espressioni della criminalità: infatti proprio il VECCHIONI dichiarava che “si sono presi tutta Ponte Milvio, poi si sono presi quattrolocali, l’unico che non è loro è il Re Re che è dell’amico mio Brando” ed il MAZZALUPI aggiungeva che “uno è del figlio di Carminati e che “Salvatore” (da identificare in
ESPOSITO Salvatore) aveva la proprietà delle mura “dove c’è il tabacchino” e del locale “di fronte al tabaccaio ..quello fatto a galleria” (da individuarsi nel pub COCO LOCO).

Di più. I convenuti raccontano di un sodalizio criminale che chiamano con il vecchio nome di “Batteria”, come venivano definite le vecchie bande a Roma negli Anni Settanta.

Tutti erano infatti concordi nell’affermare:
.. che su Ponte Milvio opera una batteria particolarmente agguerrita e pericolosa con a capo PISCITELLI Fabrizio alias Diabolik e della quale facevano parte soggetti albanesi quali KOLAJ Orial alias “il puglie”, “mr. Enrich”, ZOGU Arben alias “Riccardino” e SHELEVER Yuri;
.. che la predetta batteria era al servizio dei “napoletani” ormai insediatisi “a Roma nord”, tra cui i fratelli ESPOSITO Salvatore e Genny facenti capo a SENESE Michele;
.. che questo gruppo criminale aveva preso il controllo di diversi locali commerciali nella zona tra cui il pub COCO LOCO (loro abituale luogo di ritrovo: “non si muovono da la, tutto il giorno stanno la, è il loro punto di riferimento, è tutto la”);
.. che dal loro controllo risultavano esclusi il “RE RE pub” di SERRA Brando ed il “locale” di CARMINATI Andrea evidentemente riferibili ad un diverso circuito criminale alternativo a quello “dei napoletani”;
.. che nella zona, oltre allo stesso CARMINATI Massimo, era presente un’altra figura di spessore, identificata in DE CARLO Giovanni, capace di relazionarsi in maniera qualificata con “i napoletani”, tanto da proporsi, tramite MACORI Roberto, di intervenire con questi a favore del VECCHIONI.

 

Ponte Milvio, Roma
Ponte Milvio, Roma

TANTE STORIE INTRECCIATE
I destini delle bande si intrecciano. E ricompaiono nomi come Fabrizio Piscitelli in arte Diabolik, che nel 2007 fu rinviato a giudizio assieme a Fabrizio Toffolo, Yuri Alviti e Paolo Arcivieri per la tentata scalata alla Lazio. L’obiettivo era quello di estromettere Claudio Lotito e favorire l’ascesa di un gruppo industriale ungherese. I metodi quelli di sempre: minacce, insulti, bombe carta. Obiettivo degli ultrà, almeno secondo il pm Elisabetta Ceniccola, era quello di farsi affidare la gestione dei Lazio Point (il merchandising ufficiale) ma anche il monopolio della sicurezza all’Olimpico (per 150 mila euro l’anno), delle trasferte in Europa e delle coreografie.

«Dall’indagine emergeva che il Piscitelli era il principale referente di un’autonoma organizzazione narcotrafficante » si legge nel provvedimento del Tribunale «nonché promotore, finanziatore e organizzatore nell’acquisto di ingenti quantitativi di hashish…». E ancora: «In sintesi, sulla scorta degli elementi investigativi emersi…è possibile affermare che il Piscitelli, nella sua attività delinquenziale, sia stato senza dubbio facilitato dai diretti contatti con i fornitori esteri nonché dalle consistenti relazioni intrattenute nell’ambiente delinquenziale capitolino ».

Fabrizio Piscitelli in arte Diabolik
Fabrizio Piscitelli in arte Diabolik

Una storia dentro l’altra, o per meglio un dire un unico filo conduttore per una serie di fatti riconosciuti in seguito come crimini, in cui la Roma Criminale fa fronte, squadra o per lo meno si fiancheggia. Massimo Carminati però ha imparato una lezione da Giuseppucci e compagnia. In una conversazione intercettata er Guercio spiegava che i suoi rapporti con la Banda della Magliana non presupponevano affatto la piena appartenenza talvolta attribuitagli. Lui era un criminale a collaborazione, o per meglio dire a progetto: soprattutto per il legame che aveva instaurato con Franco Giuseppucci. Dopo l’omicidio del Negro, Carminati aveva continuato a mantenere “una sorta di rapporti con tutti ‘sti cialtroni” (che d’altronde già conosceva), perché un amico poteva sempre servire. «Altro elemento fortemente sintomatico – scrive il Gip nell’ordinanza – della forza criminale dell’associazione e del suo riconoscimento all’esterno deriva dalla dimostrata esistenza di stretti collegamenti con le altre realtà criminali operanti sul territorio della Capitale. Una caratteristica che, come si è visto sopra, Mafia Capitale, mutua dal modus operandi della Banda della Magliana, che dai legami con le organizzazioni criminali tradizionali operanti sul territorio di Roma traeva la propria supremazia». Già: la capacità di fare rete e network è quello che lega Mafia Criminale e l’eredità della Banda. E pensare che tanti esponenti vennero assolti perché mancava la dimostrazione del vincolo associativo.

Potrebbe interessarti anche