Theresa May e la Brexit con calma

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-10-02

La Gran Bretagna attiverà all’inizio del 2017, al massimo “entro marzo”, l’articolo 50 del trattato di Lisbona per l’avvio formale dell’iter di divorzio dall’Ue. Il governo finora non aveva annunciato nessun passo e non ha neppure completato la formazione della squadra al ministero per la Brexit

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La Gran Bretagna attiverà all’inizio del 2017, al massimo “entro marzo”, l’articolo 50 del trattato di Lisbona per l’avvio formale dell’iter di divorzio dall’Ue. Lo ha detto la premier Theresa May, scoprendo le carte al talk show di Andy Marr, sulla Bbc, nella giornata di apertura della Conferenza annuale del Partito Conservatore a Birmingham. In un articolo sul Sunday Times si era limitata in precedenza a dire che l’attivazione sarebbe prima delle elezioni tedesche di settembre.

Theresa May e la Brexit con calma

May chiederà dunque l’attivazione entro la fine di marzo dell’articolo 50 del trattato di Lisbona, in modo da mettere in moto il processo di uscita britannica dall’Ue. L’annuncio è destinato a soddisfare l’esecutivo di Bruxelles che in queste settimane non ha nascosto l’impazienza di vedere Londra tradurre in realtà il voto favorevole alla Brexit, del 23 giugno scorso. E placherà anche le tensioni nella fila del suo partito, dove molti l’hanno invitata a non procastinare. La vaghezza di Londra, che finora non aveva annunciato nessun passo e non ha neppure completato la formazione della squadra al ministero per la Brexit, ha messo in fibrillazione la comunità imprenditoriale. A Birmingham i Tory tenteranno di mandare messaggi rassicuranti anche per evitare che altri, sull’onda del gruppo automobilistico Nissan, congelino gli investimenti in attesa di saperne di più sul futuro rapporto con l’Ue.  Tutti gli Stati membri dell’Unione Europea hanno infatti il diritto di abbandonarla, come ha deciso di fare la Gran Bretagna con il referendum. Finora non era mai successo, anche se la Groenlandia, membro autonomo del Regno di Danimarca, ha lasciato la Comunità Economica Europea, il predecessore dell’Ue, nel 1985, dopo aver ottenuto l’autogoverno, in disaccordo con la regolamentazione Ue in materia di pesca e con il bando dei prodotti in pelle di foca. Anche l’Algeria è uscita nel 1962, dopo essersi liberata dal dominio coloniale francese. Nel 1975 il Regno Unito tenne un altro referendum per decidere se ritirarsi dalla Cee, in cui era entrata due anni prima sotto il governo Tory guidato da Edward Heath: allora vinse il fronte del ‘Remain’.
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L’articolo 50 del Trattato dell’Unione Europea

A regolare la materia è l’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea, una delle due parti del Trattato di Lisbona del 2007, quello che ha creato l’Ue, sostituendo il trattato costituzionale bocciato dagli elettori francesi e olandesi nel 2005. “Qualsiasi Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall’Unione”, recita il primo comma. “Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio Europeo -si legge ancora- Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio Europeo, l’Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l’Ue”. “L’accordo – prevede poi il trattato – è concluso a nome dell’Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione al Parlamento Europeo. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica, salvo che il Consiglio Europeo, d’intesa con lo Stato membro interessato, decida all’unanimità di prorogare tale termine”.

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