La tassa sulla sperimentazione animale

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-08-06

Pubblicato in Gazzetta lo scorso 25 luglio il decreto del ministero della Salute n.173 riguardante la ‘determinazione delle tariffe spettanti al ministero della Salute, ai fini del rilascio delle autorizzazioni relative alla protezione degli animali utilizzati a scopi scientifici’. La risposta degli scienziati

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Arriva una ‘tassa’ sulle sperimentazioni animali: è stato infatti pubblicato in Gazzetta lo scorso 25 luglio il decreto del ministero della Salute n.173 riguardante la ‘determinazione delle tariffe spettanti al ministero della Salute, ai fini del rilascio delle autorizzazioni relative alla protezione degli animali utilizzati a scopi scientifici’. La nuova tassazione è però contestata da varie società scientifiche, che parlano di “ulteriore aggravio economico e amministrativo allo svolgimento delle ricerche indipendenti” nel settore pubblico.

La tassa sulla sperimentazione animale

In una lettera al ministro della Salute Giulia Grillo, al ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria e al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti i presidenti di Società Italiana di Farmacologia (Sif), Società Italiana di Tossicologia (Sitox), Società Italiana di Neurologia (Sin), Societa’ Italiana di Neuroscienze (Sins), Societa’ Italiana di Fisiologia (Sif), Società Italiana di Immunologia Clinica e Allergologia (Siica), con il presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs Silvio Garattini criticano la scelta:

In un contesto di riduzione progressiva dei finanziamenti pubblici alla ricerca che ha portato il nostro Paese ad uno degli ultimi posti a livello europeo, la richiesta di provvedere ad un pagamento anticipato per una prestazione ministeriale in ottemperamento ad un obbligo di Legge, ancorche’ legittimata dall’ordinamento italiano, viene percepita dai ricercatori come un ulteriore aggravio economico e amministrativo allo svolgimento delle loro ricerche indipendenti. È noto dal 2014 che una tariffazione sulla sperimentazione animale sarebbe stata imposta. Tuttavia pare che il decreto sia stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale senza una preventiva e adeguata attività di trasmissione/diffusione, cogliendo quindi impreparate alla sua ricezione le amministrazioni pubbliche preposte alla sua attuazione. Anche non abbandonandosi a rimostranze improduttive viene naturale chiedersi come sia stato possibile che, nella prefigurazione dell’entità delle tariffe e delle procedure amministrative per il loro pagamento, non sia stato possibile da parte del ministero della Ricerca (Miur) concertare con il Ministero della Salute una differenziazione delle tariffe stesse sulla base della tipologia di ricerca considerando separatamente le ricerche indipendenti finanziate con fondi Europei, Ministeriali, Regionali e di Fondazioni no profit e quelle legate alla ricerca profit effettuate da Compagnie Farmaceutiche a fini regolatori e/o commissionate ad atenei ed Enti di ricerca tramite convenzioni”.

“A questo si accompagna la riflessione che le modalità amministrative proposte per il pagamento delle tariffe da parte di Universita’ ed Enti di Ricerca pubblici confliggono sensibilmente con le regole di Contabilità imposte dallo Stato Italiano. Infatti, deve essere considerato che tutti i fondi pubblici di ricerca devono essere rendicontati su capitoli predefiniti dall’ente erogatore e che comunque le amministrazioni degli atenei e degli Enti di Ricerca non potranno anticipare i pagamenti rispetto all’erogazione dei fondi stessi. Infatti per il pagamento delle tariffe richieste sara’ necessario che queste siano previste in un capitolo di spesa relativo al progetto di ricerca per cui si richiede l’autorizzazione. Poiché questo sarà disponibile solo dopo l’erogazione del finanziamento, le Amministrazioni pubbliche saranno poste di fronte a difficoltà potenzialmente insuperabili. La prevedibile conseguenza sara’ non solo quella di immobilizzare o ritardare lo svolgimento delle ricerche finanziate ma anche di mettere a rischio l’ottenimento di finanziamenti da parte di organismi erogatori. Va considerato infatti che sia la Comunita’ Europea, Fondazioni no profit, ma anche gli stessi ministeri della Salute e Miur, solitamente richiedono l’autorizzazione ministeriale alla ricerca proposta, o almeno la sottomissione della richiesta di autorizzazione al ministero della Salute, contestualmente alla domanda di finanziamento. In caso di non finanziamento si prefigurerebbe quindi una inammissibile distrazione di fondi pubblici. Queste riflessioni ci spingono a chiedere una moratoria nell’applicazione del Decreto fino a che non siano stati identificati percorsi amministrativo-contabili che assicurino di non incorrere in errori sanzionabili nell’ottemperare il pagamento delle tariffe determinate per il rilascio delle autorizzazioni, ma anche per le altre voci. Una moratoria potrebbe anche permettere un confronto sereno sulla possibilità di differenziare l’onere tariffario in funzione della finalita’ della ricerca”, conclude la lettera dei presidenti delle società scientifiche”.

EDIT ORE 16,11: “Sono consapevole che nel decreto sulle tariffe per la sperimentazione animale a fini scientifici ci sono troppi paletti che di fatto ostacolano lo svolgimento della ricerca pubblica e, per questo, a settembre avvieremo un confronto per una semplificazione e rimodulazione della norma”. Lo sottolinea all’ANSA il sottosegretario alla Salute Armando Bartolazzi, in merito al decreto del ministero della Salute per il quale sei società scientifiche e l’Istituto Mario Negri hanno chiesto una moratoria. “A settembre – ha spiegato il sottosegretario – ci sarà un incontro con l’obiettivo di rendere più snella la procedura prevista dal decreto, perché ci sono troppi paletti. Dobbiamo adeguarci alla normativa Ue in materia e le norme europee in materia vanno recepite, tuttavia – ha rilevato – tale normativa è stata recepita in modo troppo rigido. È quindi necessario rendere più fluido e semplice il percorso laddove la sperimentazione animale è necessaria”. Ad esempio, ha spiegato Bartolazzi, “la tassazione andrebbe prevista solo all’inizio del percorso per un progetto di ricerca e non anche in itinere se intervengono delle variazioni. A settembre – ha concluso – se ne discuterà”. Ma se la norma ha troppi paletti e deve essere ridiscussa, perché vararla? Non sarà l’ennesimo dietrofront tattico-strategico di fronte all’opposizione della comunità scientifica?

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