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“Lo stop di Johnson&Johnson vuol dire che la farmacovigilanza funziona”

neXtQuotidiano 15/04/2021

Francesco Le Foche, immunologo clinico del Policlinico Umberto I di Roma, secondo cui il blocco del vaccino anti-Covid di Janssen

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“Si sta studiando la causalità dei casi di trombosi, per ora c’è solo un nesso temporale. Stiamo parlando di 6 casi su 7 milioni di persone e non abbiamo la certezza che siano stati causati dai vaccini”. Così al ‘Corriere della Sera’ Francesco Le Foche, immunologo clinico del Policlinico Umberto I di Roma, secondo cui il blocco del vaccino anti-Covid di Janssen (Johnson&Johnson) per prima cosa significa che “la farmacovigilanza funziona. Abbiamo altri tre tipi di vaccini a disposizione e sono sicuro che il vaccino J&J verrà ripristinato al più presto, magari con delle indicazioni precise come è successo per il vaccino AstraZeneca consigliato per gli over 60”.

“Lo stop di Johnson&Johnson vuol dire che la farmacovigilanza funziona”

Le Foche ricorda che AstraZeneca all’inizio era stato consigliato per una fascia di età tra i 18 e i 55 anni, perché “i documenti presentati all’Ema erano solo per quella fascia di età. Poi in maniera empirica si è visto che l’età migliore era dai 60 anni. Si arriverà a stabilire una fascia congrua anche per Johnson&Johnson. Dobbiamo andare avanti nelle vaccinazioni prendendo esempio dal Regno Unito, dove hanno continuato a vaccinare indipendentemente dai blocchi della Fda e dell’Ema”.

Questa estate, secondo l’esperto, raggiungeremo l’immunità di massa, “una protezione di una parte molto alta della popolazione che ci permette di procedere alle riaperture in sicurezza. Dobbiamo però imparare che i vaccini sono una parte della strategia per combattere questo virus. Una parte importantissima, ma per la quale ci sono interventi complementari altrettanto importanti: gli anticorpi monoclonali, usati correttamente, possono evitare le terapie intensive, ma anche i ricoveri. Per questo serve una triplice alleanza fra medico di base, paziente e medico ospedaliero”.

“Per settembre-ottobre – conclude Le Foche – potremo arrivare ad avere i farmaci che bloccano la replicazione virale e quelli che bloccano le citochine pro infiammatorie. Mettendo insieme questi tre interventi, vaccini, anticorpi e farmaci, potremo raggiungere la luce che vediamo in fondo al tunnel. Anche se la cosa più importante è darsi da fare per organizzare i presidi sul territorio che dovrebbero rappresentare la medicina del futuro”.

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