«Mi ha spaccato un dente e mi ordinava di stare sull’attenti per ore in casa»: la soldatessa picchiata dall’ex (e superiore)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-11-23

La storia di E.D.A., caporal maggiore speciale dell’Esercito, che ha partecipato negli ultimi mesi nell’operazione “strade sicure” è quella di una soldatessa, ma ancora prima di una donna picchiata dal suo ex, che in questo caso è anche un suo superiore

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La storia di E.D.A., caporal maggiore speciale dell’Esercito, che ha partecipato negli ultimi mesi nell’operazione “strade sicure” è quella di una soldatessa, ma ancora prima di una donna picchiata dal suo ex, che in questo caso è anche un suo superiore. Ha denunciato il suo fidanzato di allora facendo partire un’inchiesta della Procura militare di Napoli

«Mi ha spaccato un dente e mi ordinava di stare sull’attenti per ore in casa»: la soldatessa picchiata dall’ex (e superiore)

Il Mattino racconta che la donna ha subito violenza in varie occasioni. Una volta l’uomo le ha spaccato un dente mentre le sbatteva la faccia sul cruscotto dell’auto. Ma l’ha anche costretta a stare sull’attenti in casa per almeno due ore. Schiaffi, mani al collo, sputi in faccia e insulti sono altri esempi di quello che ha dovuto soffire E.D.A. Racconta il Mattino:

In sintesi, il pm militare Marina Mazzella ipotizza l’accusa di «violenza contro un inferiore» contro L.A.D., ex fidanzato di E.D.A., ed attualmente caporal maggiore in forza allo stesso reparto della parte offesa. LE ACCUSE Un’inchiesta che fa leva su un punto: al di là del carattere odioso delle violenze esercitate da un uomo rispetto a una donna, c’è l’aggravante di aver agito anche come «superiore» gerarchico in seno allo stesso reparto operativo. Brutta storia, all’ombra di «strade sicure». Forte di un confronto con alcuni ufficiali di riferimento, tra cui il tenente Cristina De Cesare (comando brigata bersaglieri Garibaldi), E.D.A. decide di uscire allo scoperto, di denunciare l’uomo che aveva conosciuto in chat e che aveva ritrovato con le stellette e la divisa a dirigere la propria unità operativa post lockdown. È il 16 maggio del 2020, quando la donna manda un messaggio all’ufficiale di riferimento: «Cap aiutatemi». Sono le 22.20 e E.D.A. si trova sotto choc in auto, in una stazione di servizio. È in lacrime, poche ore prima ha subìto l’ennesima aggressione, quella più umiliante. Viene convocata nella notte dal capitano, che constata dei segni all’altezza del collo, lo stato di turbamento emotivo e decide di revocarle il turno notturno (dall’una alle sette). Scatta la denuncia alla Procura militare, perché l’ufficiale comprende che ad aggredirla è stata un altro esponente dell’Esercito. Vengono ascoltati testimoni, viene anche assegnato un sostegno psicologico alla presunta parte offesa di questa vicenda. Ed è nel corso del seguito delle indagini che la donna si decide a rimettere assieme i tasselli della storia, a cominciare dal nome del presunto aggressore. Ne indica le generalità, i gradi, il ruolo.

Il grado militare dell’ex fidanzato ha svolto un ruolo nella vicenda tanto che per la Procura tra le accuse c’è anche quella «contro un inferiore di grado»

foto da qui

 

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