Siria, l’attacco inutile

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-04-15

L’operazione congiunta Usa-Francia-Regno Unito per colpire depositi e laboratori di armi chimiche in Siria non cambierà la situazione della guerra civile. Il blitz sembra essere stato fatto ad arte per non provocare rappresaglie. I danni ad Assad sono importanti ma non ci sono state vittime e i suoi generali sono tutti salvi

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L’operazione congiunta Usa-Francia-Regno Unito per colpire depositi e laboratori di armi chimiche in Siria è stata massiccia, condotta da più fronti e limitata a tre siti. E, secondo gli americani, ha neutralizzato tutti gli obiettivi. Una dimostrazione di forza che però nulla cambierà degli equilibri interni in Siria e non servirà in alcun modo a sparigliare le alleanze di Assad.

Siria, un attacco inutile

Il Pentagono, alcune ore dopo l’attacco, ha fornito i dettagli dell’operazione. In totale sono stati lanciati 105 missili, la maggior parte dal mare. 37 Tomahawk sono partiti da due navi americane, un incrociatore ed un cacciatorpediniere, dislocate nel Mar Rosso. Un altro cacciatorpediniere Usa ha colpito dal Golfo Persico con 23 Tomahawk. Dal Mediterraneo orientale si sono mossi un sottomarino americano, che ha lanciato sei missili, ed una fregata francese, con tre missili. Dal cielo, sono entrati in azione due bombardieri Usa B-1, che hanno sparato 19 missili. Altri 17 missili sono stati lanciati da caccia francesi e britannici. Parigi in particolare ha mobilitato fregate multimissione, accompagnate da un’imbarcazione di protezione e sostegno.

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Da diverse basi aeree sul suolo francese sono partiti i caccia Rafale e Mirage, che hanno raggiunto le coste siriane ed hanno lanciato nove missili da crociera. Londra ha contribuito all’operazione con quattro jet Tornado, che hanno lanciato otto missili contro un’installazione militare siriana a 15 miglia da Homs, dove gli alleati occidentali sostengono che Damasco abbia conservato uno stock di armi chimiche in violazione agli impegni presi di fronte all’Opac, e con Russia e Usa, nel 2013. Mosca ha confermato che durante l’attacco sono stati lanciati oltre cento missili contro quattro aerodromi siriani, ma secondo i russi la maggior parte sono stati distrutti dalla contraerea di Damasco.

Un attacco che non sposta gli equilibri

Joshua Landis, direttore del Center for Middle East Studies dell’università dell’Oklahoma, è considerato uno dei maggiori esperti della sempre più complessa situazione siriana: lui stesso dice in un’intervista a Repubblica che il blitz di ieri sembra stato fatto ad arte per non provocare rappresaglie e cambiare poco nell’ottica della guerra civile in Siria.

Qual è, dunque, lo scopo dell’attacco?
«Esattamente quello dichiarato: fare da deterrente all’uso di armi chimiche. Un freno a un modo sporco di fare la guerra che però non ferma la carneficina: perché i numeri parlano chiaro, le vittime di attacchi chimici in Siria sono stati circa 1900 in sette anni. Per carità, si tratta di numeri importanti, ma limitati se letti nella prospettiva più ampia di un conflitto che ha già fatto mezzo milione di morti. Il raid servirà dunque a impedire questo specifico modo di uccidere ma non fermerà Bashar al-Assad, non gli impedirà di distruggere altre roccaforti ribelli provocando altri morti. Un risultato che deluderà molti proprio come allora deluse Obama: con la differenza che ora dagli Usa ci si aspetta molto meno».

Russia e Iran come reagiranno? Che cosa dobbiamo aspettarci?
«Anche se sono stati colpiti più obiettivi dell’anno scorso con una forza di fuoco maggiore, l’attacco sembra essere stato fatto ad arte per non provocare reazioni che vadano oltre le parole: dubito insomma che ci sarà una qualche rappresaglia. I danni agli impianti militari inferti ad Assad sono importanti ma non ci sono state vittime e i suoi generali, quelli che gli servono per portare avanti l’offensiva contro i ribelli, sono tutti salvi».

La Russia avvertita

Emmanuel Macron e Vladimir Putin si sono parlati di persona poche ore prima che il presidente Donald Trump annunciasse il via libera ai bombardamenti, contro le armi chimiche attribuite a Bashar al-Assad, da parte di forze americane spalleggiate da francesi e britannici. E in effetti Parigi non ha neppure provato a negarlo oggi, facendo sapere al mondo per bocca della ministra della Difesa, Florence Parly, che sì, i russi erano stati “avvertiti in anticipo d’intesa con gli alleati”.

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L’ambasciatore americano a Mosca, il mormone Jon Huntsman, veterano della politica e della diplomazia di Washington e volto serio dell’amministrazione Trump, ha ammesso di aver avvertito i Russi dell’attacca: “Gli Stati Uniti hanno comunicato con la Federazione Russa per ridurre il pericolo di vittime civili o russe”, ha tagliato corto con franchezza. A conferma della volontà, ha notato Huntsman, di evitare qualunque “conflitto fra superpotenze” e limitare l’attacco notturno sulla Siria a una sorta di messaggio in codice contro “l’uso delle armi chimiche da parte del regime di Assad”. Se non proprio (ma questo l’ambasciatore non l’ha detto) a un rumoroso gesto dimostrativo. A rimanere spiazzata sembra essere alla fine la sola premier britannica, Theresa May. L’unica che con Mosca ha davvero rotto i ponti in questa fase, anche e soprattutto alla luce delle accuse incrociate e dei sospetti sempre più urticanti sul caso dell’avvelenamento con un agente nervino a Salisbury dell’ex spia doppiogiochista russa Serghiei Skripal e di sua figlia Yulia. Una vicenda oscura che continua a montare.

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