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I sindaci a Renzi: basta rifugiati
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2016-07-17
Regioni e Comuni protestano con il governo per la gestione dei migranti. Da Zaia (Veneto), secondo cui «il punto di rottura è stato raggiunto», alla sindaca di Alessandria Rita Rossa (Pd), che scrive ad Alfano denunciando «grave disagio per una situazione ingovernabile». Eppure in Italia gli stranieri sono l’8,3%, meno che in altri Paesi europei
Regioni e Comuni protestano con il governo per la gestione dei migranti. Da Zaia (Veneto), secondo cui «il punto di rottura è stato raggiunto», alla sindaca di Alessandria Rita Rossa (Pd), che scrive ad Alfano denunciando «grave disagio per una situazione ingovernabile». Eppure in Italia gli stranieri sono l’8,3%, meno che in altri Paesi europei (9,3% in Germania e 9,6% in Spagna), e i numeri degli sbarchi sono ai livelli del 2015.
I sindaci a Renzi: basta rifugiati
La Stampa di oggi dedica un servizio alla vicenda e racconta di una situazione di allarme (o meglio: di allarmismo) che attraversa tutta l’Italia, sulla falsariga di quanto accaduto qualche giorno fa a Fiumicino per l’arrivo di 20 migranti. A guidare il fronte delle proteste è il governatore del Veneto Luca Zaia, che ha 10.576 immigrati sul territorio della regione e 514mila regolari (lui calcola il totale degli immigrati arrivati negli anni, compresi quelli che hanno casa, famiglia e lavoro, per esagerare sui numeri) e dice che “due terzi sono finti profughi” citando i numeri dei richiedenti asilo: conta mele e pere per fare demagogia, come gli è capitato anche gli anni scorsi. Il totale dei migranti accolti ogni centomila abitanti per il Veneto è 214. Ma le proteste non arrivano soltanto dai politici abituati a strumentalizzare l’immigrazione per creare un nemico interno con cui prendersela: la sindaca Rita Rossa ad Alessandria ha protestato per l’arrivo di 92 nuovi migranti, e la stessa cosa ha fatto il sindaco di San Marzano sul Sarno a Salerno.
La Stampa poi dà conto delle preoccupazioni delle forze dell’ordine, che temono il combinato disposto dell’aumento degli sbarchi e della chiusura delle frontiere, che potrebbe lasciare qui tante persone che se ne vogliono andare per cause di forza maggiore.
Insomma, il modello italiano di accoglienza diffusa è davvero condannato a franare sotto il peso della «pressione insostenibile» delle nuove ondate di migranti? Può darsi, dicono gli esperti: ma perché è un sistema che non funziona, e non per un afflusso esagerato di profughi e rifugiati. L’Italia ha meno stranieri rispetto ad altri paesi (l’8,3% dei residenti, contro il 9,3 della Germania e il 9,6% della Spagna); gli sbarchi sono assestati più o meno ai livelli del 2015 (erano stati 79.618 al 15 luglio 2015, ora siamo a 79.533).
Il numero dei rifugiati gestiti dal sistema di accoglienza, pur se aumentati rispetto al 2015, è decisamente modesto per un Paese di 60 milioni di abitanti: in tutto sono 135.785 persone, poco più di due ogni mille residenti. Meno della media europea, cinque o sei volte meno di Paesi come Austria o Svezia, dove ci sono 11 o 15 rifugiati ogni 1000 abitanti. Non siamo nemmeno particolarmente generosi con la concessione dello status di rifugiato: nel 2015 ci sono state 83.200 richieste, ne sono state accolte 29.630.
Ovvero il 35% del totale.