Se un giudice decide di far nascere un bambino

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-12-19

In Irlanda una ragazza di vent’anni è tenuta in vita artificialmente per il suo feto di venti settimane. In attesa delle decisioni della Corte e della giusta interpretazione della legge del paese. In Italia è nata la figlia di una milanese in emorragia cerebrale

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Lei è una ragazza di vent’anni, ha subito un trauma cerebrale e adesso è attaccata a una macchina. Ma è anche incinta di venti settimane, e questo in Irlanda vuol dire che nessuno può staccarla e lasciarla morire perché questo metterebbe in pericolo il feto. I medici dell’ospedale Beaumont di Dublino e quelli di Mulligar, dove è stata portata la donna, hanno chiesto un parere legale visto che terminare il supporto vitale per la donna potrebbe violare il diritto costituzionale alla vita del feto, introdotta nel 1983 nelle leggi irlandesi.
 
IL PROBLEMA GIURIDICO
La legge riconosce il diritto alla vita del nascituro nel rispetto della parità del diritto alla vita della madre, e ieri la questione è approdata all’Alta Corte il cui giudice, Nicholas Kearns, ha anche introdotto delle restrizioni nei resoconti dei media sul caso, in attesa di una nuova udienza che dovrebbe svolgersi all’inizio della prossima settimana. La donna ha subito un grave trauma cerebrale un paio di settimane fa; inizialmente è stata trasferita in un ospedale di Dublino, dove si trova il centro neurochirurgico nazionale, ma dopo è stata portata in una struttura dotata di reparto maternità. Il ministro della sanità irlandese Leo Varadkar ha detto che è a conoscenza del caso ed è tornato a parlare delle leggi troppo restrittive per l’aborto in Irlanda, auspicando un referendum per cambiarle. Ma a decidere sarà un giudice, non la legge né i parenti della donna. E dovrà decidere se la donna va tenuta in vita artificialmente per un periodo che potrebbe arrivare a cinque mesi, in modo da rendere possibile la nascita del bambino, mentre i familiari della donna sono divisi tra l’opzione di tenerla in vita oppure quella di spegnere la macchina. Tutta la questione si gioca sull’interpretazione della legge, che riconosce il diritto alla vita del nascituro “nel rispetto della parità di diritto alla vita della madre, per quanto possibile”. Sta qui il nodo: in che modo tenendo attaccata alle macchine una persona incosciente si rispetterebbe la sua volontà? E qual è la sua volontà?
 
LA LEGGE SULL’ABORTO IN IRLANDA
Una legge sull’aborto è stata approvata in Irlanda nel luglio 2013 che consente l’interruzione di gravidanza in determinate circostanze. Tra l’altro, garantisce il diritto a interrompere una gravidanza se questa mette a rischio la vita della madre, ed è stata approvata a larga maggioranza dopo un caso di cronaca dopo il caso di Savita Halappanavar, dentista indiana residente in Irlanda morta all’University Hospital di Galway in Irlanda, era a rischio di aborto spontaneo molto probabilmente a causa di un’infezione batterica. Dopo 17 settimane di gravidanza ha chiesto di abortire ma la possibilità le è stata negata perché il feto manteneva il battito cardiaco e secondo i medici la sua vita non era in pericolo. Savita si è sentita male ed è morta dopo l’agonia in ospedale di setticemia, subito dopo che l’aborto le era stato praticato, ma quando ormai era troppo tardi per salvarla. Il caso ha scatenato proteste dall’India alla Gran Bretagna, il vedovo ha anche dichiarato che l’aborto non le era stato permesso «perché l’Irlanda è un paese cattolico». Secondo le statistiche governative, ogni giorno undici irlandesi viaggiavano verso la Gran Bretagna per abortire a causa delle leggi troppo restrittive.
 
E IN ITALIA?
Intanto in Italia è nato questa mattina all’Ospedale San Raffaele di Milano il bambino della donna incinta ricoverata il 21 ottobre scorso e dichiarata subito dopo clinicamente morta. Il bambino e’ nato alla 32/esima settimana di gravidanza, dopo 9 settimane di gestazione controllata artificialmente nel corpo della sua mamma, con un parto cesareo. Pesa 1,8 kg, e le sue condizioni sono state definite buone. La donna, una milanese di 36 anni, era deceduta in seguito ad una grave ed improvvisa emorragia cerebrale. Quando è arrivata in ospedale era a cavallo tra le 23/a e la 24/a settimana di gestazione. Il primo obiettivo dei medici era quello di tenere in vita il feto almeno fino alla ventottesima settimana, per ridurre il più possibile le conseguenze di un parto prematuro. A causa delle sue condizioni, la donna era stata ricoverata presso il reparto di Neurorianimazione diretto da Luigi Beretta, dove per 9 settimane il suo corpo è stato tenuto in vita grazie alle macchine: ha ricevuto supporto respiratorio, cardiocircolatorio e nutrizionale, per mezzo anche di una sonda inserita nel suo intestino per garantire che il nutrimento arrivasse costantemente al feto. Queste manovre erano necessarie per consentire al piccolo di crescere e di avvicinarsi il più possibile al termine di una gravidanza normale (che di norma dura 40 settimane). Oggi, raggiunta la 32/a settimana di gravidanza, l’equipe medica ha deciso di intervenire “poiché quest’epoca gestazionale garantisce buone possibilità di vita autonoma al feto, riducendo nel contempo il rischio di improvvise complicanze materno fetali”. A eseguire il cesareo è stato Massimo Candiani, responsabile dell’Unita’ di Ginecologia e Ostetricia del San Raffaele. Ora il piccolo è in mano ai neonatologi diretti da Graziano Barera, che stanno effettuando i primi controlli di routine, anche se le sue condizioni generali “sono considerate buone”. Dopo l’intervento, i familiari della giovane donna hanno consentito il prelievo di organi a scopo di trapianto.

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