Scozia, il nuovo referendum per l'indipendenza

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-10-14

La premier ha detto che sarebbe un atto di “vandalismo costituzionale” cercare di ignorare la voce del Parlamento scozzese sulla questione. Ma anche l’indizione di una nuova consultazione potrebbe portare problemi a Edimburgo

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La Scozia indirà un nuovo referendum sull’indipendenza, per garantire che la sua voce sia ascoltata nei negoziati per far uscire la Gran Bretagna dall’Unione Europea. Lo ha annunciato oggi la premier scozzese Nicola Sturgeon preannunciando per la prossima settimana la bozza di un progetto di legge per una nuova consultazione popolare. “Non è razionale far uscire il Regno Unito dal mercato unico e non c’è neanche autorità”, ha riferito Sturgeon ai delegati del suo partito, lo Scottish National Party.

Scozia, il nuovo referendum per l’indipendenza

La premier ha detto che sarebbe un atto di “vandalismo costituzionale” cercare di ignorare la voce del Parlamento scozzese sulla questione. La Scozia nel 2014 ha respinto il referendum sull’indipendenza con il 45% di sì e il 55% di no, ma ora rischia di dover abbandonare la Ue dopo il voto del Regno Unito sulla Brexit. Scrive Leonardo Maisano oggi sul Sole 24 Ore:

Il primo passo del potenziale distacco anglo-scozzese prevede la cosiddetta “consultazione” che sarà avviata fra qualche giorno, fase preliminare di un iter articolato che la leader nazionalista ritiene ormai inevitabile. Nicola Sturgeon ha sollevato un punto essenziale della querelle che impegna oggi il governo contro Westminster e contro ampi strati della popolazione. Ci riferiamo al mandato del referendum del 23 giugno che se da un lato sancisce la volontà dei più di abbandonare l’Ue, non tocca affatto le modalità dell’uscita, quell’ipotizzato hard Brexit che finirebbe per recidere tutti i legami commerciali anglo-europei così come sono oggi strutturati.
E questa, a parole almeno, sembra la via prediletta dal premier britannico Theresa May. L’autorità della signora premier è stata sfidata oggi davanti al tribunale del Regno dove il governo è stato trascinato da due cittadini – una fund manager e un parrucchiere – che invocano la centralità del Parlamento nel dare seguito alla Brexit. La tesi che sosterranno in udienza è che il referendum è solo consultivo e quindi tocca a Westminster sancire il passaggio.

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Referendum per l’indipendenza della Scozia, il quesito del 2014

Si tratta di un primo passo legale attraverso il quale gli scozzesi, che hanno votato in maggioranza per restare nell’Ue, si riserverebbero il diritto di chiedere una nuova consultazione in risposta all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Ma è un percorso piuttosto difficile se si considera che il governo di Londra, che a suo tempo diede il via al primo referendum scozzese, ha tuttavia fatto ripetutamente sapere di non riconoscere in questa fase il diritto a un voto bis. Ma non tutto potrebbe andare liscio, anzi.

Le incognite del referendum in Scozia

In primo luogo perché anche in caso di indipendenza concessa alla Scozia non è detto poi che Edimburgo possa entrare nell’Unione Europea. In secondo luogo perché, come sottolinea anche il Sole, «oggi con il petrolio a valori molto più bassi di allora l’economia scozzese avrebbe difficoltà a mantenere gli standard attuali una volta rescisso il legame con Londra». Intanto il divorzio da Bruxelles causa anche grane per il governo britannico all’interno dei tribunali. Si è svolta ieri di fronte all’Alta Corte di Londra la prima udienza sul ricorso presentato da una donna d’affari, tale Gina Miller, contro il diritto rivendicato dall’esecutivo d’invocare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’avvio formale dell’uscita dall’Unione senza passare per un voto del parlamento. È molto probabile che il tentativo venga respinto dai giudici ma rappresenta un modo per tenere molto alta l’attenzione sulla richiesta di dare la possibilità di esprimersi a Westminster. Proprio ieri May ai Comuni ha aperto all’idea d’un dibattito ma non d’un voto sul negoziato con Bruxelles. Ma gli effetti negativi dell’addio all’Ue diventano tangibili anche sul piano economico, col braccio di ferro fra Tesco e Unilever dopo il crollo della sterlina nel periodo post referendum. La grande catena di supermercati ha infatti annunciato il ritiro dagli ‘scaffali’ online di alcuni fra i più popolari prodotti della multinazionale, come la crema Marmite, dopo i rincari decisi da quest’ultima per far pagare immediatamente ai consumatori parte del costo dell’oscillazione valutaria. Come se non bastasse, l’Ue potrebbe presentare un conto salato a Londra per la Brexit: 20 miliardi da pagare per arretrati e pendenze nel contributo al bilancio europeo.

Leggi sull’argomento: Hard Brexit: l’ipotesi che terrorizza Londra

 

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