Attualità
Chi ha ragione tra Di Maio e Nardella sugli scontrini di Renzi
Alessandro D'Amato 31/03/2016
PD e M5S esultano per una sentenza del TAR che dà contemporaneamente ragione e torto a entrambi: non è un po’ tutta qui la metafora del paese?
L’immagine che vedete qui sotto riunisce il tweet di Luigi Di Maio (M5S) e lo status di Dario Nardella a proposito della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale sugli scontrini per le spese di rappresentanza del Comune di Firenze quando era sindaco Matteo Renzi. Entrambi stanno parlando della stessa cosa, ma, come si nota, tutti e due stanno dicendo che il TAR ha dato ragione alla propria parte. Dov’è la verità?
Chi ha ragione tra Di Maio e Nardella sulle spese di Renzi
Come spesso succede, la verità sta nel mezzo. Le consigliere comunali fiorentine del MoVimento 5 Stelle Ariana Xekalos e Silvia Noferi avevano chiesto al Comune di Firenze di avere tutti i corrispettivi delle spese di rappresentanza sostenute da Matteo Renzi quando era sindaco di Firenze. Il Comune ha negato l’accesso completo a tutti gli scontrini chiedendo invece alle consigliere di specificare quali spese volessero visionare tra quelle pubblicate sul sito web dell’amministrazione. A quel punto le due consigliere si sono opposte e hanno fatto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, chiedendo l’accesso completo agli atti compresa la richiesta di visionare una carta di credito che però il Comune ha dichiarato di non avere. A contenzioso aperto, il 24 dicembre il comune ha fornito un elenco di prospetti delle spese sostenute con data, causale e descrizione della spesa
Vero è, piuttosto, che in corso di giudizio il Comune di Firenze – con nota del 24 dicembre 2015, a firma del direttore generale – ha dato seguito a una reiterata serie di istanze di accesso presentate dalle ricorrenti e relative alle spese di rappresentanza sostenute dall’ex Sindaco Renzi e al Sindaco in carica Nardella, ivi compresa, appunto, quella del 15 ottobre.
In allegato alla nota, vi sono i prospetti suddivisi anno per anno e recanti l’elenco delle spese sostenute, nonché data, causale e descrizione dell’oggetto della spesa con il relativo importo. Si tratta, per gli anni dal 2011 in avanti, dei medesimi prospetti richiesti per la pubblicazione sul sito web del Comune a norma dell’art. 16 co. 26 del D.L. n. 138/201, sul modello dei quali sono stati predisposti analoghi prospetti anche per gli anni 2009 e 2010.
Nella nota del 24 dicembre è altresì presente l’invito a segnalare le specifiche voci ricavate dai prospetti per accedere alla visione e copia della documentazione sottostante, con il che la pretesa delle ricorrenti deve ritenersi adeguatamente soddisfatta. Nell’ottica di leale collaborazione fra organi pubblici che deve comunque presiedere all’esercizio del diritto di accesso ex art. 43 co. 2 D.Lgs. n. 267/2000, la mancata immediata ostensione di tutti i documenti sottesi a ciascuna delle numerosissime voci di spesa esibite e rese note dal Comune (oltre mille) non equivale, infatti, a diniego dell’accesso, ma a un differimento parziale giustificato dalla mole della documentazione potenzialmente interessata e dalla conclamata disomogeneità delle voci di spesa in questione (si va dalle forniture di fiori, all’acquisto di oggetti celebrativi e doni, alle spese per incontri di rappresentanza), delle quali non può obiettivamente presumersi che rivestano tutte pari interesse ai fini del controllo che tramite l’accesso si vorrebbe esercitare.
Per questo, e soltanto per questo alla fine il TAR decide che:
3. In forza delle considerazioni esposte, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.
3.1. Le spese di lite seguono la virtuale soccombenza del Comune, che solo in corso di causa ha provveduto a evadere l’istanza di accesso.
La sentenza quindi è che il ricorso è improcedibile perché nel frattempo il Comune ha concesso l’accesso agli atti (di fatto ammettendo che le consigliere avevano diritto ad accedervi, e quindi pagando le spese legali). È quindi evidente che le consigliere non hanno ottenuto tutto quello che avevano chiesto, e non hanno diritto di esultare. D’altra parte quel genio di Nardella che pubblica le tre righe che dichiarano il ricorso improcedibile senza spiegare perché lo è (ovvero perché nel frattempo il comune ha fornito alle consigliere parte di ciò che avevano chiesto) sbaglia ancora di più, proprio perché da un rappresentante delle istituzioni della sua esperienza e serietà ci si aspetterebbe un comportamento quantomeno equanime. In tutto ciò, la parte in commedia più tragica è la battaglia a colpi di dichiarazioni tra i vari esponenti di PD e M5S che insultano gli avversari e proclamano una vittoria che non hanno conseguito. E a pensarci bene, metaforicamente il dramma dell’Italia è proprio tutto qui.