Salvini non va a processo per il caso Gregoretti: non luogo a procedere

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-05-14

Lo ha deciso il gup Nunzio Sarpietro che ha emesso il decreto di non luogo a procedere dopo poco meno di due ore di camera di consiglio.

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L’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini non andrà a processo per la vicenda della nave Gregoretti. Lo ha deciso il gup Nunzio Sarpietro che ha emesso il decreto di non luogo a procedere dopo poco meno di due ore di camera di consiglio.

Salvini non va a processo per il caso Gregoretti: non luogo a procedere

L’accusa per Matteo Salvini era quella di sequestro di persone per avere trattenuto, a bordo della nave Gregoretti, al largo di Augusta, 131 migranti, nel luglio del 2019. Sia la Procura di Catania che la difesa, al termine della discussione, avevano chiesto il non luogo a procedere per l’ex ministro dell’Interno, che è presente al bunker del carcere Bicocca di Catania, con la sua legale, l’avvocata Giulia Bongiorno.

 

Nella scorsa udienza, il pm Andrea Bonomo ha chiesto il non luogo a procedere per Salvini. Perché, secondo l’accusa, trattenere a bordo i migranti per 5 giorni “non fu un atto illegittimo”. Non solo. Secondo il pm “il giudizio non è sull’opportunità di quell’atto” anche perché l’eventuale privazione della libertà è proseguita pure nell’hotspot di Pozzallo. Salvini “non ha violato alcuna delle convenzioni internazionali” e le sue scelte sono state “condivise dal governo”. La sua posizione “non integra gli estremi del reato di sequestro di persona” perché “il fatto non sussiste”, ha spiegato il magistrato nel chiedere il non luogo a procedere per Salvini. E l’avvocata Bongiorno, nel suo intervento, ha ricordato l’azione di governo del Conte 1 e del Conte 2, “per dimostrare come quella di Salvini era espressione della linea politica del governo, nel primario interesse nazionale”. Secondo la difesa, quello che faceva Salvini “era l’orientamento politico del governo” che decideva collegialmente sulla base di accordi a livello europeo, lamentando dunque che in aula a difendersi ci sia soltanto Salvini “e non altri ministri”. “L’azione penale non doveva nemmeno cominciare perché si trattava di un atto politico insindacabile”.

Sempre nella scorsa udienza la difesa di Salvini ha presentato una memoria lunga oltre 50 pagine “per smontare l’accusa di sequestro di persona pluriaggravato” che potrebbe costargli fino a quindici anni di carcere, oltre ad alcuni allegati tra cui la fitta corrispondenza, a partire dal 26 luglio 2019, tra la Presidenza del Consiglio, il Ministero degli Esteri, la Commissione europea e vari Paesi UE per il ricollocamento, “a dimostrazione che l’accordo era indispensabile per consentire lo sbarco”. Per la difesa “l’attesa si era resa necessaria per concordare la redistribuzione in altri Paesi europei, con il pieno coinvolgimento del governo italiano”. Salvini ha citato “per la loro nitidezza” le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il quale in data 28 dicembre 2019, in occasione della conferenza stampa di fine anno, affermò: “per quanto riguarda le ricollocazioni abbiamo sempre a livello di Presidenza, anche con l’ausilio del Ministero degli esteri, lavorato noi per ricollocare e quindi consentire poi lo sbarco”. Salvini, nella memoria, ha poi parlato di un “anomalo ritrovamento di un dispositivo che induceva a ritenere che a bordo fossero presenti degli scafisti”. Il riferimento è a “un GPS, occultato in uno zainetto, verosimilmente impiegato a scopo di orientamento in mare”.

Al giudice per le indagini preliminari, Salvini ha poi ricordato anche le intercettazioni di Luca Palamara con un altro magistrato come Paolo Auriemma. “L’ex componente togato del Csm dice, riferendosi all’ex Ministro dell’interno, “ora bisogna attaccarlo””, si legge nella memoria. Salvini ha chiuso così le 51 pagine: “Concludo ricordando le parole con le quali ho assunto l’incarico di Ministro dell’interno: ho giurato di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione. È con questo spirito che ho sempre agito da Ministro dell’interno, nel rispetto dei miei doveri e della volontà del popolo sovrano”.

Il leader leghista è arrivato davanti al gup Sarpietro dopo la richiesta di giudizio fatta dal Tribunale dei ministri di Catania, richiesta che ha ottenuto il via libera del Senato il 12 febbraio di un anno fa. L’accusa formulata è quella di aver “abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della Guardia costiera italiana dalle 00.35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio”, quando fu disposta l’autorizzazione allo sbarco nel porto di Augusta, nell’ambito di un accordo per la distribuzione dei migranti in altri cinque paesi Ue. Sul caso Gregoretti la Procura etnea, guidata da Carmelo Zuccaro, si era già pronunciata per il non luogo a procedere, ritenendo che “l’attesa di 3 giorni per uno sbarco” non possa “considerarsi un’illegittima privazione della libertà” dei migranti a bordo della nave. Inoltre, per gli inquirenti sulla nave vennero “garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità” e “lo sbarco immediato di malati e minorenni”, come ribadito dallo stesso Salvini nella sua memoria difensiva, depositata a Catania alla prima udienza. Al contrario, il Tribunale dei ministri, chiedendo invece il processo, sottolineò come Salvini fosse stato responsabile di aver “determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale” dei migranti, “costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche” a bordo. I tre giudici per i reati ministeriali hanno inoltre sostenuto come “non vi fossero ragioni tecniche ostative all’autorizzazione allo sbarco”, aggiungendo che “le persone soccorse potevano tempestivamente essere sbarcate e avviate all’hot spot di prima accoglienza per l’identificazione, salvo poi essere smistate secondo gli accordi eventualmente raggiunti a livello europeo”.

Accordi a livello Ue su cui insiste anche la difesa di Salvini, con concetti ribaditi nella memoria difensiva, in quello che sembra uno dei nodi dirimenti della vicenda. Di fronte a una strategia politica, voluta da Salvini (e dal governo di allora), con l’obiettivo di spingere i paesi Ue a intervenire per la ricollocazione dei migranti, l’atto di trattenerli a mare, secondo lo stesso Salvini era esclusivamente finalizzato al risultato politico. Al punto da dire che “la permanenza a bordo” era “funzionale solo a consentire la conclusione della procedura di redistribuzione” in Europa dei migranti. “A tutte le persone a bordo della nave furono garantite cure e assistenza adeguate al caso di specie, nonché un continuo controllo delle condizioni di salute”, ha sempre ricordato l’ex titolare del Viminale.

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