“Salvare vite umane è un dovere”, dopo quasi mille giorni viene archiviata l’inchiesta contro la Mare Jonio

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-01-28

La decisione del gip di Agrigento che ha accettato le richieste dei pm

article-post

Era il mese di maggio del 2019 quando la nave Mare Jonio della ong Mediterranea Saving Humans soccorse in mare diverse persone (tra cui anche minori) partiti dalle coste Nord Africane e provenienti da Ciad, Bangladesh, Sudan, Camerun, Mali, Costa d’Avorio, Nigeria e Burkina Faso. Lo sbarco in Italia, in Sicilia, il 9 maggio. Poi l’apertura di un’indagine nei confronti dell’armatore della nave di soccorso Beppe Caccia e il comandante Massimiliano Napolitano. Oggi, quasi mille giorni dopo, quell’inchiesta è stata ufficialmente archiviata.

Mare Jonio, dopo quasi mille giorni archiviata l’indagine

La gip del Tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha accolto – dunque  le richieste dei procuratori della Repubblica Salvatore Vella e Cecilia Baravelli. E le motivazioni sono molto chiare e cancellano tutti quei proclami fatti da una parte della destra italiana nei confronti delle navi delle Ong che affrontano il Mediterraneo per soccorrere tutte quelle persone in balia delle onde, spesso in su imbarcazioni di fortuna o gommoni in avaria.

Un’indagine con un capo di imputazione ben preciso nei confronti di Massimiliano Napolitano, Beppe Caccia e l’intero equipaggio della nave Mare Jonio della ong Mediterranea Saving Humans: “Favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina”. Ma nulla di quanto contestato è stato giudicato meritevole di un procedimento giudiziario. La gip di Agrigento, firmato l’ordine di archiviazione, ha sottolineato un aspetto preciso: la nave della ong ha agito “in stato di necessità e nell’adempimento del dovere di salvataggio, previsto dal diritto nazionale e internazionale”.

Salvare vite umane, dunque, è un dovere. E a chi ha contestato la scelta di approdare in un porto italiano anziché dirigersi verso la vicina costa libica (a circa 35 miglia nautiche a nord di Zuara, dove vennero soccorsi quegli esseri umani in balia del Mediterraneo) la gip dà una risposta definitiva: non si può “considerare la Libia un place of safety”, visto che “alcune migliaia di richiedenti asilo, migranti e rifugiati versano in detenzione arbitraria, sottoposti a torture e a trattamenti inumani e degradanti, in violazione dei loro diritti umani”.

Potrebbe interessarti anche