Cultura e scienze
La strana “testimonianza” sugli orrori nel “salumificio” industriale
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2018-09-14
Sta riscuotendo molto successo su Facebook il racconto di un anonimo ex operaio di un salumificio “spiega” tutto il marcio dell’industria della carne e lascia intendere che i prosciutti che arrivano sulle nostre tavole siano fatti con carne avariata. Ma la storia ha molti dettagli che non tornano…
Ha ottenuto oltre 12 mila condivisioni l’inquietante racconto pubblicato su Facebook da un attivista animalista che “rivela” cosa si nasconde dietro l’industria della carne. Il post fa molta impressione perché a spiegarci come funziona un salumificio industriale è una persona che sostiene di aver lavorato per quasi un anno all’interno di un “salumificio molto grande” di una nota marca venduta sia in Italia che all’estero.
Cosa sappiamo del “grande salumificio” che lavora carne avariata? Niente
L’autore del post su Facebook però non è l’ex operaio del salumificio che invece ha chiesto di rimanere anonimo. Così come non è noto il nome di questa azienda molto grande né sappiamo quanti anni fa abbia lavorato il nostro anonimo informatore presso la molto grande azienda SpA. Sappiamo che produce «prosciutti cotti, salami, porchette, arrosti e altre robe simili». Il nostro è così preoccupato dal farci sapere che la carne lavorata in quel salumificio è malsana ben oltre il limite della tossicità che non ci vuole aiutare fino in fondo e dirci quali salumi e quali marche dobbiamo evitare. I motivi ovviamente possono essere molti, a partire dal rischio di una querela da parte dell’azienda per arrivare a quello che è lo scopo ultimo del post: far credere ai lettori che tutti i salumifici lavorano allo stesso modo. Ma nessuno di noi, dopo aver lavorato “quasi un anno” in un qualsiasi settore sarebbe credibile se dicesse che in quell’ambiente le cose generalmente funzionano così.
Il che naturalmente non significa che il racconto non sia vagamente verosimile. Perché di casi di salumifici che facevano uso di carne avariata o conservata in modo non idoneo o che non seguivano le dovute procedure ce ne sono. In genere però vengono scoperti e sottoposti a sequestro. È successo a Pistoia, è successo in provincia di Napoli. Anche in Spagna recentemente è esploso uno scandalo dopo che un’inchiesta ha rivelato un giro di contraffazione di insaccati. C’è una definizione molto chiara per questo fenomeno: frode alimentare. Ed è un reato. Il che significa che chi infrange la legge rischia molto. Sembra però poco probabile che la salumificio molto grande SpA possa continuare ad operare oggi, e abbia potuto farlo addirittura per quasi un anno senza che nessuno si sia mai accorto di nulla.
Perché il racconto non è verosimile
Ma diamo per un attimo per scontato che il racconto sia vero, che quella persona abbia davvero lavorato in un salumificio. Perché quando se ne è andato (o è stato licenziato, non si sa), non ha denunciato l’azienda? Se era a conoscenza che venivano commessi degli illeciti poteva andare dai Nas a sporgere denuncia. Ci sono poi altri dettagli che non tornano. Ad esempio quando racconta che allo stabilimento “ogni giorni in questa fabbrica arrivano tir pieni di carne precedentemente frollata, quindi vecchia”. La frollatura è un procedimento consentito e anche la carne che viene venduta dal macellaio sotto casa viene frollata. È semplicemente il modo di preparare la carne per il consumo umano o per successive lavorazioni.
In un altro punto l’anonimo descrive il passaggio successivo, quello della preparazione dei prosciutti: «La carne frollata (spalla e cosce), viene direttamente scongelata e gettata nella macchina siringatrice dove viene iniettato, tramite centinaia di aghi, un liquido contenente nitrati, farine e altre sostanze chimiche». Ci sono due imprecisioni. La prima è che la carne frollata non è carne congelata, questo anche chi ha lavorato per poco tempo in un salumificio dovrebbe saperlo. La carne frollata viene conservata a temperature basse, ma non inferiori allo zero. Il secondo dettaglio è più rivelatore e riguarda l’utilizzo dei nitrati. Dal 2016 (con il decreto 149 del 26 maggio 2016) l’Italia ha recepito una direttiva comunitaria (perché esistono anche regole europee) sulla lavorazione della carne, che vieta l’uso dei nitrati per la produzione di prosciutto cotto. C’è chi dice che alla fine questo divieto non comporta molti benefici per la salute (anzi espone al rischio del botulino) ma rimane il fatto che appunto si tratta di un procedimento oggi vietato. Se invece il nostro anonimo ha lavorato prima del 2016 (è possibile) allora non c’è alcuna violazione, anche perché l’uso dei nitrati (come fertilizzanti) è consentito anche in agricoltura (pure in quella biologica).
Il decreto stabilisce inoltre in maniera preciso anche il tipo di aromi che è possibile utilizzare ad esempio nella lavorazione del prosciutto crudo o degli additivi che si possono usare in altre lavorazioni industriali della carne. Insomma il settore è ben regolamentato. E del resto anche ammettendo che ci siano dei salumifici che lavorano fuorilegge questo non significa che sia la norma. Anche perché l’anonimo non spiega in che modo l’azienda eluda i controlli. Anzi: dà per scontato che questa sia la procedura normale. Quando invece non è così perché oltre alle ispezioni periodiche delle ASL, dei veterinari le ditte devono anche fare analisi di autocontrollo. Si può magari far passare di nascosto una partita di carne “avariata” ma quando la cosa diventa sistematica è più complicato. Anche perché la carne (come tutti i prodotti alimentare) deve essere tracciabile, fin dalla provenienza. Questo significa che la salumificio molto grande Srl deve costantemente falsificare una mole abnorme di documentazione. E non è finita qui, perché ad un certo punto la carne deve essere anche venduta. E quale supermercato o grande catena di distribuzione si prende la responsabilità di immettere sul commercio alimenti del genere? Se la carne di partenza è “marcia” o “ammuffita” o preparata in condizioni igieniche non idonee come sostiene l’anonimo prima o poi qualcuno si sarebbe dovuto prendere una bella intossicazione alimentare. Il che significa che il prodotto viene segnalato al sistema di segnalazione europeo RASFF e per l’Italia sul portale del Ministero della Salute. Una volta fatto questo, proprio in virtù della tracciabilità è molto facile risalire la filiera produttiva e quindi trovare i responsabili (allevatori, macellatori e infine anche il “grande salumificio”). Più grande è l’azienda e più è facile che i nodi vengano al pettine. Eppure il nostro anonimo non dice che questa frode è stata scoperta, anzi è andata avanti per almeno un anno. Insomma la storia non sta in piedi, ma siamo pur sempre pronti a ricrederci qualora l’anonimo decidesse di venire allo scoperto rivelando il nome dell’azienda e dello stabilimento.
Foto copertina via Wikipedia.org