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Roma ostaggio della guerra per bande del PD

Alessandro D'Amato 28/10/2015

Renzi vuole Marino fuori dal Campidoglio (con le mani in alto?). Marino vuole ritirare le dimissioni e portare in Aula la crisi. Ma si accontenterebbe di una chiacchierata con il premier. Quando i signori hanno finito di litigare si ricordino magari che c’è una città da mandare avanti

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Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ritirerà  le sue dimissioni “al più tardi” oggi. Oppure no: Marino vuole soltanto l’onore delle armi dal suo partito e si accontenterebbe di un colloquio chiarificatore con Renzi al ritorno del presidente del Consiglio dal Sudamerica. Due tesi contrapposte sulle intenzioni del primo cittadino spiegano più di tanti ragionamenti che ormai Roma è ostaggio della guerra per bande del Partito Democratico. Fa poca differenza che nell’occasione la Banda Marino sia ridotta al lumicino e il PD sia ormai unito sull’opzione di mandare via Marino con le buone (le dimissioni sue) o con le cattive (le dimissioni dei consiglieri di maggioranza e opposizione).

Roma ostaggio della guerra per bande del PD

La verità comunque è che l’affare Roma sembra ormai soltanto un affare interno al PD, dove Orfini promette ai consiglieri di ricandidarli se sfiduceranno Marino perché sa benissimo che altrimenti tra i 19 potrebbe esserci ben più di una defezione. E Marino che medita di portare il confronto in aula, dove almeno sarebbe corretto che finisse, ma pensa di confermare le dimissioni se Renzi gli parla. E questo dimostra che c’è scarso interesse alla democrazia. Nonostante le rassicurazioni di Matteo Orfini, che tramite il vicesegretario nazionale del Pd, Lorenzo Guerini, avrebbe confortato il premier Matteo Renzi che al suo ritorno dal Sudamerica la ‘questione romana’ sarebbe già stata risolta con l’addio del primo cittadino, le intenzioni di Marino sarebbero diametralmente opposte. Ne sono convinti i consiglieri dem del Campidoglio, che già si preparano al piano B. Lo scenario più probabile è che una volta ufficializzato il ritiro delle dimissioni – a cui potrebbero però fare da contraltare le dimissioni, stavolta ‘vere’, di gran parte dei suoi assessori, compreso qualche fedelissimo – Marino si presenterà poi in Assemblea capitolina per chiedere alla sua ormai ex maggioranza di andare avanti insieme. Gli esponenti del Partito democratico, a quel punto, risponderebbero con una mozione di sfiducia, che verrebbe portata in Aula e depositata proprio al termine dell’intervento del sindaco uscente senza neanche un intervento di replica, facendo partire così il countdown – l’ennesimo in questa vicenda – dei dieci giorni necessari prima di poter mettere ai voti il documento.  In questo caso sarebbe quasi certo l’effetto collaterale rappresentato da quel voto in blocco con le destre che tanto spaventa i dem, che di contro pero’ sarebbero firmatari e proponenti della mozione e avrebbero la possibilita’ di rivendicarne la paternita’. Ultima opzione da poter mettere in campo rimane l’addio in massa dei 19 consiglieri Pd, a cui si dovrebbero aggiungere altri sei colleghi – su questo fronte e’ gia’ in corso l’attivita’ di scouting – per arrivare alla fatidica quota di 25 consiglieri dimessi in contemporanea, che porterebbe allo scioglimento automatico del Campidoglio.

ignazio marino 1

Vignetta di Bobo Artefatti

Renzi vuole Marino fuori dal Campidoglio

Intanto, fa sapere Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera, Renzi non ha alcuna intenzione di concedere qualcosa a Ignazio:

L’inquilino di Palazzo Chigi non cambia registro su questo. Va spedito e non sente ragioni. Tant’è vero che i suoi non parlano più con il sindaco di Roma, e anche Graziano Delrio, indicato come l’ufficia
le di collegamento tra il presidente del Consiglio e il primo cittadino dimissionario, si tira indietro. «Andiamo dritti», ripete il premier. E aggiunge, rivolto ai suoi: «Marino non ha più i numeri, dove pensa di andare?». E quando più di un interlocutore gli spiega che il sindaco vorrebbe solo un atto di distensione, il presidente del Consiglio osserva: «Nessun atto distensivo verso il Campidoglio». Più ultimativo di così… Già, non ha voglia di perdere ulteriore tempo, il premier.
«La Capitale — dice ai suoi — non può versare ancora in questo stato e non si può continuare ad andare avanti così perché un sindaco ha deciso che andare avanti va bene a lui». Da Roma un tam tam raggiunge il presidente del Consiglio: Marino ritirerà le dimissioni domani o al massimo dopodomani. Insomma, c’è il rischio, anzi di più, che quando Renzi approderà nella Capitale, dopo il suo viaggio in Sudamerica, la grana romana sia ancora lì ad aspettarlo. Marino, che ha capito che sfondare il muro renziano è pressoché impossibile, si è appellato al ministro delle Infrastrutture Delrio per un’ultima mediazione. Ma, ancor prima che arrivasse questa notizia, c’era già lo stop del presidente del Consiglio. Chiunque si muova in suo nome, in questo momento, non ha il suo passaporto. «Noi andiamo avanti fino alla fine», è la parola d’ordine del segretario del Pd. Con questa aggiunta: «Esca dal Campidoglio e poi si vede». Come a dire, poi si tratta.

Quando i signori hanno finito di litigare si ricordino magari che c’è una città da mandare avanti.

Meanwhile, Der Kommissar…

Intanto il commissario Matteo Basettoni Orfini fa sapere al Corriere che tutto ciò  «È un balletto ridicolo e sinceramente mi dispiace per Marino, credo stia facendo una figuraccia». Fosse l’unico…

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