Un retroscena sull’addio di Mario Calabresi a Repubblica

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-02-05

L’ultima riunione di redazione di Calabresi e l’annuncio. Gli assetti societari di GEDI destinati a cambiare. Il pizzino dai piani alti a chi se ne voleva andare e altre storie

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«È arrivato stamattina, si è seduto, ci ha guardato e ha detto ‘Ho una notizia per voi’»: così molti dei redattori di Repubblica hanno saputo oggi dell’addio di Mario Calabresi, che per scelta dell’editore, come ci ha tenuto lui stesso a sottolineare oggi, lascerà presto la direzione di Repubblica. «Ho l’orgoglio di aver fatto un buon lavoro, ho trovato un giornale in disordine e senza identità al di fuori dell’antiberlusconismo e oggi questa è la principale agenzia di opposizione del nostro paese, la proprietà mi ha chiesto di restare fino al primo marzo per gestire la transizione ma non penso che ci riuscirò».

 

Qualche retroscena sull’addio di Mario Calabresi a Repubblica

Fino a ieri sera Calabresi ha lavorato all’ennesima riorganizzazione di Repubblica, impegnato come tutti in un piano lacrime e sangue che prevede la solidarietà e una forte riduzione del personale attraverso scivoli e prepensionamenti.  La notizia del suo sempre più probabile addio però circolava lo stesso a Largo Fochetti, visto che alcuni della “vecchia guardia” hanno ricevuto la settimana scorsa un pizzino dai piani alti in cui si chiedeva di pazientare ancora qualche tempo prima di prendere decisioni avventate – come l’addio al giornale con gli scivoli – perché le cose sarebbero presto cambiate.

Tutti avevano indovinato cosa intendessero dai piani alti perché il problema di Calabresi è che Repubblica ha continuato a perdere copie con la sua direzione, come ammette lui stesso nel tweet di commiato pur avvolgendo il tutto in una formula di comunicazione che ricorda un po’ l’odiata Casaleggio: «La discesa delle copie si è dimezzata» (sottinteso: grazie a me). Un po’ poco per l’uomo che era arrivato per ereditare il giornale che fu di Scalfari e di Ezio Mauro e per rilanciarlo con la benedizione degli Agnelli.

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L’eredità che Calabresi lascia a Verdelli

La decisione è stata così repentina che si sussurra che dietro ci sia altro. Ovvero che come l’arrivo di Calabresi era stato il prodromo per cambi di azionariato importanti in GEDI (e per l’acquisto de La Stampa), così il suo addio potrebbe essere l’anticipazione di altrettanti stravolgimenti anche in GEDI (e di altri addii che faranno magari meno rumore ma saranno altrettanto importanti). D’altro canto qualche tempo fa si sussurrava di un possibile addio del direttore per sua volontà, ma anche per i non eccellenti rapporti con Monica Mondardini.

Adesso tocca a Carlo Verdelli, che da Ezio Mauro fu preso come collaboratore quando andò via da RCS e che era nella lista di nomi che lo stesso Mauro aveva consegnato a Carlo De Benedetti quando l’azienda scelse il suo successore. In eredità Verdelli prende un giornale che i tagli e le uscite accompagnate hanno reso molto più snello (e non è detto che questa sia una caratteristica positiva), al quale applicherà un metodo di direzione molto diverso da quello del suo predecessore, essendo lui uno “sgobbone”. Con lui direttore la Gazzetta dello Sport stabilì il record di vendite per un quotidiano in Italia ma all’epoca ci volle un Mondiale vinto per riuscirci. Eppure anche oggi a Repubblica, come nel calcio, contano solo i risultati.

 

 

 

 

 

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