La ragazza con sindrome di Down che non può tornare a gareggiare in piscina per colpa di un certificato medico agonistico

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-02-09

La storia di Anna, 17 anni, a cui non rilasciano il certificato medico agonistico indispensabile per partecipare alle competizioni

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Anna è una ragazza di 17 anni con sindrome di Down. Questo disturbo non le impedisce di fare una vita normale, come quella dei suoi coetanei. Va a scuola, ride, si diverte e ama nuotare. Una passione per la piscina che l’ha portata ad allenarsi per molti anni, partecipando anche a molte gare. Poi la pandemia e la situazione epidemiologica in Italia, ha fermato la sua attività sportiva. Ma ora, insieme alla sua famiglia, aveva deciso di tornare a quello sport che le ha sempre regalato molte gioie. Ma si è imbattuta nella burocrazia, come spiega la madre, dei certificati medici agonistici.

Ragazza down non può gareggiare perché senza certificato medico agonistico

La giovane, infatti, ha provato a ottenere quella certificazione medica necessaria e vincolante per prendere parte ad alcune gare in vasca. Lei sta bene, non ha patologie che le impedirebbero di ottenere quel documento. Il suo stato di salute è eccellente, come conferma la madre in un’intervista al quotidiano Il Messaggero. Ma l’interpretazione statica dei regolamenti le impedisce di gareggiare.

“Una delle prove da superare – spiega la mamma – è quella sotto sforzo, mia figlia non ha problemi, ma non è collaborativa e quando le hanno detto di mettersi sultapis roulante correre, una volta si è fermata quasi subito rifiutandosi di procedere, la seconda volta l’ha fatto, ma non fino in fondo come prevede la prova, è arrivata a un punteggio di 132 su 150”.

La dottoressa di un centro privato di Teramo, dove vivono Anna e la sua famiglia, ha dunque emesso parere negativo senza firmare il certificato medico agonistico. Due anni prima, però, un altro medico di un ambulatorio pubblico abruzzese (a Casalena), aveva valutato come ottimo lo stato di salute della ragazza Down, affidandosi anche ai pareri di tutti gli altri esperti che la seguono fin da quando era piccola. Ma il copione, oggi, non si è ripetuto e per la giovane Anna è arrivato lo stop.

La madre spiega che la ragazza sta bene. Anzi, benissimo. Fa lunghe camminate, nuota e ha superato anche il Covid. Ma questo è l’elemento fondamentale. Perché i protocolli per l’attività sportiva, fin dallo scorso anno, prevedono tra gli esami necessari per il rilascio del certificato medico agonistico anche la prova sotto sforzo, attraverso una corsa e una camminata sul tapis- roulant. Proprio l’infezione da Sars-CoV-2, dunque, diventa elemento vincolante per un approfondimento maggiore. Chi, invece, non è mai entrato in contatto con il virus, può essere sottoposto a un esame sempre sotto sforzo, ma meno approfondito. Ma la madre della giovane Anna non demorde e mette in evidenza un fatto:

“Come genitore ho firmato e dato il consenso per la vaccinazione di mia figlia, perché non possono firmare e prendermi la responsabilità anche per farla gareggiare?”.

Tutta colpa dei rigidi protocolli e della burocrazia che, da almeno un anno a questa parte, hanno reso più approfonditi gli esami vincolanti per la partecipazioni a gare ed eventi sportivi.

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