Quando l'olio extravergine non è davvero extravergine

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-14

Ancora una bocciatura per alcuni oli extravergine “commerciali” che non hanno superato i due panel test effettuati dalla televisione svizzera e che quindi non potrebbero essere definiti “extravergini”.

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Quanto è extravergine l’olio d’oliva che troviamo sugli scaffali dei supermercati? La domanda non è banale, soprattutto in un Paese come il nostro che questa primavera ha scatenato un’insensata battaglia contro l’olio tunisino in difesa dell’olio italiano che poi tanto italiano non è dal momento che la produzione di olio in Italia tra 2015 e 2016 è stata di poco meno di 300mila tonnellate mentre i consumi invece hanno raggiunto quota 553mila tonnellate. Per cercare di scoprire quanto sia effettivamente extravergine l’olio d’oliva made in Italy il programma della televisione svizzera RSI Patti Chiari ha fatto analizzare 12 bottiglie d’olio extravergine di altrettanti marchi.

olio extravergine finto extravergine
Da La Repubblica, 21 maggio 2015

La lunga storia degli oli extravergini che non sono tali

Non è la prima volta che la questione della veridicità delle etichette dell’olio extravergine (o della provenienza 100% italiana degli oli) fanno notizia: a novembre dello scorso anno i Carabinieri del Nas di Torino avevano eseguito dei test in seguito all’apertura di un’indagine condotta dal Pm Raffaele Guariniello volta ad appurare quanto sostenuto dalla rivista Il Test (ex Salvagente) che aveva sottoposto ad analisi organolettiche e chimiche alcune marche di olio extravergine d’oliva. Secondo le analisi eseguite a campione dai laboratori dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli su oli di note marche, il prodotto non era extravergine come invece pubblicizzato sulla bottiglia. A non superare il panel test, ovvero l’esame organolettico che prende in considerazione colore, dimensione, forma, sapore, odore e tessitura del cosiddetto oro verde erano stati nove prodotti su venti (tra i quali quelli dei marchi Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina, Prima Donna e Antica Badia). La normativa italiana che regolamenta la produzione dell’olio extravergine stabilisce dal 1991 che il prodotto per essere considerato tale debba superare il panel test, che quindi è un esame dirimente al pari delle analisi chimiche. Non si tratta quindi di un test soggettivo basato sul “gusto” degli esperti ma di un’analisi oggettiva che lascia poco spazio a dubbi e ad altre interpretazioni. L’esito del panel test era stato successivamente confermato dalle analisi chimiche e quindi, secondo la legge, non si potrebbe parlare di olio extravergine ma solo di olio vergine, ovvero di un prodotto di qualità (e prezzo) inferiore. A giugno di quest’anno inoltre è arrivata la sanzione dell’Antitrust nei confronti di LIDL, costretta a pagare una multa da 550 mila euro per aver venduto come extravergine un olio (il Primadonna) che in realtà era solo vergine. Stessa motivazione anche per la multa da 300 mila euro inflitta a Deoleo (proprietaria di Bertolli, Sasso e Carapello) per i prodotti Bertolli gentile, Sasso classico e Carapelli il frantolio: che sono semplici oli vergini e non extravergini. Anche Carapelli (di proprietà del gruppo spagnolo Deoleo) è stata accusata di aver venduto all’estero come extravergine 100% made in Italy un prodotto che in realtà era stato semplicemente imbottigliato in Italia e confezionato con oli provenienti da Tunisia, Spagna o Grecia.
olio extravergine patti chiari

I risultati dei panel test bocciano gli oli “made in Italy”

Patti Chiari ha deciso quindi di analizzare 12 bottiglie d’olio (alcune delle quali in vendita anche in Italia), sottoponendole al giudizio di un panel di esperti nominati dal Consiglio olivicolo internazionale (COI) di Weadensiwill nel Canton Zurigo. Il giudizio è impietoso: metà dei prodotti presi in esame, tra cui Bertolli Originale, De Cecco Classico, Filippo Berio e Carapelli  Classico sono risultati non conformi agli standard per l’olio extravergine di oliva. Insomma, concludono gli esperti svizzeri non si tratterebbe di oli extravergini ma di semplici (e meno pregiati) oli vergini. A confermare il risultato del panel test anche il giudizio del Comitato di assaggio ufficiale dell’olio Chianti DOP cui la televisione svizzera ha fatto esaminare le stesse 12 bottiglie. I due panel quindi hanno espresso gli stessi identici giudizi ma cosa hanno detto invece le analisi chimiche condotte presso il laboratorio chimico ValorItalia (in Toscana)? Dai test di laboratorio risulta che tutti e dodici gli oli presi in considerazione sono in linea con i parametri di legge ma, spiega la televisione svizzera, dalle analisi è emerso che i sei oli giudicati non extravergini dai due panel test presentavano una quantità di biofenoli molto bassa e una quantità di polifenoli a basso peso molecolare molto elevata. Si tratta però di sostanze che, pur essendo importanti per definire la qualità di un olio, non sono normate dalla legge in materia di extravergine ed è per questo che chimicamente gli oli sono extravergini. Eppure i sei prodotti che nel panel test hanno ricevuto i voti più alti (per la cronaca ha vinto l’olio Sabo, prodotto con olive al 100% italiane dall’azienda pugliese Clemente e imbottigliato in Canton Ticino) presentano tutti una quantità di biofenoli maggiori; i panel test hanno anche promosso Monini Classico e Gran Delizia. Per tutti gli altri oli gli esperti hanno identificato difetti importanti stabiliti dalle linee guida dell’Unione Europea quali sapore di rancido, di vecchio o di muffa che non dovrebbero essere presenti in oli di qualità rimarchevole come dovrebbero essere invece gli oli extravergini.

La classificazione dell’olio avviene confrontando il valore della mediana dei difetti e della mediana del fruttato con gli intervalli di riferimento indicati di seguito. Poiché i limiti di questi intervalli sono stati stabiliti tenendo conto dell’errore del metodo, sono considerati assoluti. I programmi informatici consentono di visualizzare la classificazione su una tabella di dati statistici o graficamente.
a) olio extra vergine di oliva: la mediana dei difetti è pari a 0 e la mediana del fruttato è superiore a 0;
b) olio di oliva vergine: la mediana dei difetti è superiore a 0 e inferiore o pari a 3,5 e la mediana del fruttato è superiore a 0;
c) olio di oliva lampante: la mediana dei difetti è superiore a 3,5; oppure la mediana dei difetti è inferiore o pari a 3,5 e la mediana del fruttato è pari a 0.

La multinazionale Deoleo ha rifiutato di confrontarsi con la tv svizzera (negando l’accesso alla fabbrica e alle strutture di produzione) ma ha replicato all’inchiesta della RSI sostenendo che i difetti riscontrati dagli esperti potrebbero essere stati causati da errori di stoccaggio dei campioni usati per il test e ha ribadito che il panel test non è un esame oggettivo ma soggettivo (cosa che è esclusa da Gianfranco De Felice del Coi). Inoltre Deoleo ha spiegato che i test chimici effettuati internamente confermano la buona qualità del prodotto che risulta conforme alla normativa italiana ed europea. I sei oli bocciati, definiti “stanchi” e con “una fermentazione in atto” dagli esperti rientrano all’interno dei limiti di legge. Legge che dovrebbe garantire la qualità dei prodotti, soprattutto di un prodotto d’eccellenza come l’olio extravergine ma che evidentemente non è in grado di cogliere la vera qualità del prodotto. A rimetterci è il consumatore che trova sugli scaffali oli extravergini di bassa qualità che non corrispondono alle caratteristiche organolettiche di un “vero” extravergine.

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