“Prima che si rompa il cavo o una testa fusa ce ne vuole”: le testimonianze dei dipendenti della funivia al Mottarone

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-05-31

Gli operai della funivia al Mottarone confermano che Gabriele Tadini aveva ordinato di inserire i forchettoni. E uno dei testimoni dice che Nerini e Perocchio sapevano. Ma anche l’operaio potrebbe essere indagato

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Gli operai della funivia al Mottarone confermano che Gabriele Tadini aveva ordinato di inserire i forchettoni. E uno dei testimoni dice che Nerini e Perocchio sapevano. Ma anche l’operaio potrebbe essere indagato

“Prima che si rompa il cavo o una testa fusa ce ne vuole”: le testimonianze dei dipendenti della funivia al Mottarone

“È stato Tadini a ordinate di mettere i ceppi” che evitano che l’impianto frenante entri in azione, viene riferito in una delle testimonianze rese da un operaio dell’impianto della funivia del Mottarone dove domenica scorsa la rottura della fune traente e l’assenza del sistema di freni sulla cabina 3 ha provocato la morte di 14 persone. Le testimonianze dei dipendenti sono presenti nell’ordinanza con cui il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici ha deciso i domiciliari per il capo servizio Gabriele Tadini e la libertà (restano indagati) per il gestore della struttura Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio, tirati in ballo dalla confessione di Tadini. “L’installazione di questi ceppi è avvenuta già dall’inizio della stagione di quest’anno, esattamente il 26 aprile. Vi era infatti un problema all’impianto frenante della cabina numero 3, per cui era stato richiesto l’intervento di una ditta specializzata, che però non aveva risolto il problema”, dice a verbale uno degli operai della funivia a lavoro la mattina del disastro. “Tadini ha ordinato di far funzionare l’impianto con i ceppi inseriti anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie (…). La cabina numero 3 era solita circolare con i ceppi inseriti già da parecchio tempo, per evitare l’inserimento del freno d’emergenza durante la corsa e impedire così il funzionamento dell’intero impianto”, sono le rivelazioni confermate, in sostanza, da altri quattro operai sentiti dai carabinieri che indagano sulle cause dell’incidente.

fune mottarone perché si è spezzata
Fonte: frame servizio Tg1

Il problema del calo di pressione al sistema frenante è noto a tutti e due interventi sono eseguiti dalla società Rvs di Torino alla quale la Leitner (incaricata della manutenzione) aveva affittato in subappalto gli interventi sulle centraline dei sistemi frenanti. Un dipendente, si legge sempre a verbale, chiede a Tadini se non è rischioso lasciare inseriti i forchettoni che impediscono di frenare in caso di emergenza, ottenendo come risposta: ‘Prima che si rompa una traente o una testa fusa ce ne vuole’. Ricordo bene queste parole, a queste parole non ho replicato anche perché è lui il mio responsabile”. Aggiunge che in passato fece riferimento direttamente al gestore di un problema, ma “Luigi Nerini ascoltava solo quello che gli diceva Gabriele Tadini”. La catena sembra abbastanza chiara leggendo i verbali dei dipendenti. Le anomalie e le richieste di intervento “vengono direttamente segnalate al responsabile dell’impianto che è Tadini, il quale poi provvederà ad avvisare il direttore dell’impianto Perocchio e successivamente verrano contattate le ditte esterne” per le sostituzioni. Tadini, ascoltato come testimone diventato indagato, sostiene che la sua decisione di usare i forchettoni era avallata da Nerini e Perocchio. “Nessuno mi ha detto di andare avanti con il sistema frenante disattivato, ma mi hanno detto comunque vai avanti”, dice davanti ai magistrati.

Funivia Mottarone
foto IPP/imagostock/Xinhua/VDF

C’è un solo dipendente che in parte rende dichiarazioni sulla consapevolezza del gestore e dell’ingegnere, ma è l’operaio che quella domenica mattina risponde all’ordine di rimuovere i ceppi quindi “ben sapeva del rischio di essere lui stesso incriminato per aver concorso a causare con la sua condotta, che avrebbe potuto benissimo rifiutare, la morte dei 14 turisti. Scrive il Fatto che riporta i dettagli di questo passaggio:

“Ho udito più volte Tadini discutere animatamente al telefono con Perocchio e Nerini poiché questi ultimi due erano contrari alla chiusura dell’impianto, nonostante la volontà di Tadini di fermarlo. Dopo alcune telefonate l’ho visto molto turbato e demoralizzato ”. Quanto all’esistenza di un interesse economico, escluso per il momento dal giudice, ecco cosa racconta Coppi: “Con la stagione appena ricominciata dopo il Covid una chiusura sarebbe stata una catastrofe. Tadini aveva ricevuto talvolta il permesso di fermarsi, ma quando c’era brutto tempo”. E ancora: “Nel 2012, quando iniziai a lavorare, Nerini, a proposito del pericolo sul lavoro in funivia, mi disse che tanto non sarebbe mai successo niente. Questa frase mi rimase impressa perché poi il mese dopo fui costretto a calare 38 persone da una cabina bloccata”

Un solo freno sarebbe bastato a evitare la tragedia?

Oltre a quella di Coppi è significativa la testimonianza di un altro operario che spiega che probabilmente se fosse stato inserito solo uno dei due forchettoni non ci sarebbero state vittime: “Secondo la mia esperienza per la velocità della vettura durante la fase di rientro, un solo freno avrebbe potuto fermare la vettura…”. È una dichiarazione che rende ancora più amaro quanto accaduto domenica scorsa sulla funivia del Mottarone quando la rottura della fune traente e il blocco volontario di entrambi i freni di emergenza ha fatto precipitare la cabina numero 3 uccidendo 14 persone. Parole che un dipendente delle Ferrovie Mottarone, la società che gestisce l’impianto, ha pronunciato davanti ai carabinieri di Stresa che cercano di ricostruire la dinamica della tragedia. La deposizione è inserita nel provvedimento con cui il giudice di Verbania ha rimesso in libertà due dei tre indagati, per il capo servizio dell’impianto Gabriele Tadini sono stati decisi i domiciliari. Dei cinque operai sentiti il 25 maggio, due giorni dopo la tragedia, tutti affermano che i ceppi o forchettoni, due per ogni cabina, “vengono posizionati su disposizione del capo servizio che o lo fa personalmente o lo delega a uno degli operatori in maniera indistinta”. L’unico capo servizio dell’impianto è Tadini. Uno dei forchettoni colorati di rosso, proprio a segnalare un elemento importante dell’impianto, era ancora ancorato alla cabina precipitata, il secondo è stato trovato poco distante durante un’ispezione sul luogo della tragedia. Ne sarebbe bastato uno, forse, per non contare i morti.

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