Il poliziotto che da solo ha ucciso quattro terroristi a Cambrils

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-08-21

L’agente, conosciuto per la sua grande capacità balistica, li ha freddati con sei colpi d’arma da fuoco. La sua identità è super segreta. Intanto un sopravvissuto all’esplosione della villetta ha deciso di parlare con gli inquirenti

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Ha sparato sei colpi e ha ucciso quattro terroristi dei cinque a Cambrils durante l’attacco successivo a quello sulla Rambla di Barcellona. La sua identità è segreta per evitare ritorsioni ma ha 11 anni di esperienza e che solitamente pattuglia il litorale nei pressi di Tarragona. È un poliziotto dei Mossos d’Esquadras e  quando il presidente della Generalitat Carles Puigdemont venerdì mattina ha fatto i complimenti a tutta la squadra di Cambrils è partito un applauso spontaneo per lui.

Il poliziotto che ha ucciso quattro terroristi a Cambrils

Racconta oggi il Corriere della Sera che quando l’agente è entrato in azione, alla rotonda dello Yacht Club della città turistica sulla Costa dorata i jihadisti stavano accoltellando chi trovavano a tiro.

Avevano già ucciso una persona e ferito altre cinque — tra cui l’amica che era con lui — quando l’agente, conosciuto per la sua grande capacità balistica, li ha freddati con sei colpi d’arma da fuoco. La sua identità è super segreta. La polizia catalana, interrogata, ritiene sia necessario preservarla, perché l’uomo ha moglie e figli e comunicandola può diventare un bersaglio di eventuali ritorsioni. Ciò che si sa è che ha 11 anni di esperienza e che solitamente pattuglia il litorale nei pressi di Tarragona come rinforzo per le celebrazioni, le feste patronali e gli appuntamenti di una costa che comprende anche le spiagge del Vendrell, tra le più belle di Spagna.


Nelle ricostruzioni dell’attentato di Cambrils si è appreso che il veicolo guidato dai terroristi aveva già forzato un primo posto di blocco e all’altezza dello Yacht Club ha provato a forzare il secondo. L’agente del Mossos ha cominciato a sparare perché si è trovato sulla loro traiettoria. Nelle immagini video diffuse da un testimone oculare a Cambrils si vede un terrorista cadere al suolo colpito a morte.

La caccia all’uomo

Per gli attentati intanto ci sono ufficialmente tre ricercati, ma è probabile che in realtà i loro cadaveri siano quelli di Alcanar, uccisi dall’esplosione provocata per errore dagli stessi jihadisti. Fra i tre morti nella base operativa ci sarebbe anche l’imam di Ripoll Abdelbaki Es Satty, 45 anni, l’uomo che gli inquirenti considerano l’indottrinatore e il leader dei baby-terroristi. Avevano fra 17 e 28 anni – tre coppie di fratelli – descritti dalle famiglie, distrutte, e amici come un gruppo di ragazzi “normali” e “tranquilli” che si ritrovavano a giocare a calcetto e che non avevano niente dei fanatici religiosi.

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Attentato Barcellona, la cellula di terroristi (Corriere della Sera, 21 agosto 2017)

L’imam, a Ripoll dal 2015, era uscito nel 2012 dal carcere dove si trovavano jihadisti coinvolti nelle stragi dei treni di Atocha, a Madrid, del 2004. Nel 2016 aveva trascorso tre mesi in Belgio a Vilvoorde, vicino a Bruxelles, culla con Molenbeek del jihadismo europeo. Secondo El Periodico, il suo nome era apparso nell’inchiesta sugli attentati di Madrid. La fotocopia della sua carta d’identità era stata trovata in casa di Mohamed Mhrabet Ehasi, accusato di reclutare jihadisti, fra cui Bellil Belgacem, che nel 2003 si fece saltare a Nassiriya uccidendo 19 soldati italiani e 9 iracheni. Sorprendentemente però sembra che l’imam di Ripoll non fosse sorvegliato. Mentre una parte del piano potrebbe essere stata messa a punto in Marocco, a Mrirt: diversi elementi della cellula, filtra dall’inchiesta, erano nella cittadina a metà luglio e alcuni di loro, come Driss Oukabir, non sono rientrati prima del 13 agosto.

Mohamed Houli Chemlal: il sopravvissuto che parla

A Mrirt sono nati Younes Abouyaaqoub e Mohamed Hychami, entrambi appartenenti alla cellula. La cellula da mesi si preparava a colpire a Barcellona con furgoni bomba imbottiti di Tatp, l’esplosivo dell’Isis. Il primo obiettivo era la Sagrada Familia. L’attacco era imminente, ha detto il capo della polizia catalana Josep Lluis Trapero, forse proprio quel maledetto giovedì. Una manipolazione sbagliata ha però distrutto il covo e fatto scattare il ‘piano B’, con attacchi alla disperata, senza esplosivi, sulla Rambla e a Cambrils.

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L’infografica sull’attentato di Barcellona (Corriere della Sera, 20 agosto 2017)

Tra gli arrestati c’è l’uomo che ha consentito di farle fare il salto in sole 72 ore. Di mettere a fuoco l’esistenza e il ruolo chiave dell’imam Abdel Baki Essati. Si chiama Mohamed Houli Chemlal. Ha 21 anni ed è originario di Melilla. È l’unico sopravvissuto all’esplosione del laboratorio-santa Barbara di Alcanar. Racconta oggi Repubblica che l’uomo sta collaborando con gli inquirenti:

Perché solo Mohamed sapeva chi e quanti uomini fossero all’interno di quella casa al momento dell’esplosione. Solo lui era in grado di ricordare che fossero tre, oltre a lui. Al punto da indirizzare il lavoro della Scientifica tra cumuli di macerie e lamiere di bombole divelte (ne erano state ammassate 120) alla ricerca di ciò che restava di brandelli carbonizzati appartenenti, appunto, a tre corpi diversi. Di cui Mohamed ricorda bene l’identità, tanto da far dire ufficialmente alla Polizia catalana che già ora, nonostante non siano stati ancora completati gli esami del Dna, «almeno due dei tre uomini attualmente ricercati, sono sicuramente ciò che resta dei resti umani trovati ad Alcanar».
Per tre giorni – dice a Repubblica una qualificata fonte di Intelligence – la collaborazione di Mohamed Houli Chemlal è stato uno dei segreti meglio custoditi dall’indagine. Al punto che, per oltre 36 ore, nonostante figurasse tra gli arrestati, non era stata rivelata neppure la sua identità. Ora, quel segreto cade e, domani, martedì, comparirà a Madrid di fronte ai giudici istruttori antiterrorismo dell’Audienca Nacional assieme agli altri arrestati, perché i suoi verbali di polizia entrino formalmente nel fascicolo dell’indagine sulla strage della Rambla. Con tutto il resto delle evidenze, scientifiche e documentali, che nel frattempo l’indagine di polizia è andata accumulando. Molte. Utili a ricostruire i fili che annodano la cellula ad almeno tre Paesi europei – Francia, Belgio, Svizzera – e a profilare ancor di più e meglio gli ultimi movimenti dei suoi uomini nelle ore precedenti la strage.

Ieri una nuova perquisizione è stata eseguita nella moschea di Ripoll, alla ricerca di nuovi elementi su Es Satty: l’imam si sarebbe radicalizzato in carcere dopo una condanna a 4 anni per droga: in cella avrebbe avuto contatti con i terroristi condannati per la stragi dei treni del 2004 a Madrid, mentre una volta uscito, nel 2016 avrebbe soggiornato per circa tre mesi in Belgio, a Machelen, nella grande banlieu di Bruxelles nido di jihadisti.

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