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Polcevera, cosa succederà dopo il disastro ambientale

Alessandro D'Amato 20/04/2016

Lo sversamento del greggio arriva al mare. La procura di Genova apre un’inchiesta. Gli esperti: probabile che i danni non siano permanenti. Gli abitanti lamentano danni agli occhi e giramenti di testa. Il volontario che dice di aver sentito piangere le rane

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Trovano conferma ufficiale in una comunicazione di Arpal le voci circolate nel primo pomeriggio di uno sversamento di greggio dal letto del torrente Polcevera in mare. Alcune chiazze di modesta entità, sospinte dal vento e dalle correnti, sono infatti sfuggite alle panne e si stanno indirizzando verso il largo. Proseguono anche i monitoraggi della qualità dell’aria, senza rilevamenti particolarmente critici, e campionamenti dell’acqua lungo le sponde dei torrenti interessati dall’emergenza. Ancora incerta l’esatta quantità di greggio che domenica sera si è riversata dall’oleodotto Iplom nel torrente: come ricostruito dal sindaco Marco Doria questo pomeriggio, inizialmente si era parlato di circa 300 metri cubi ma fonti ufficiose di Arpal si starebbero attestando sui 600/700.

Polcevera, cosa succederà dopo il disastro ambientale 

Su Genova al momento splende il sole ma il timore per un possibile peggioramento del tempo, non atteso prima del fine settimana, è forte: le panne, infatti, potrebbero non essere sufficienti a contenere l’innalzamento del livello del Polcevera dovuto all’acqua piovana. Ulteriori problemi potrebbero arrivare dalla direzione dei venti, responsabili della discesa verso valle del greggio e dall’evoluzione del moto ondoso alla foce del Polcevera. I modellisti stanno simulando gli scenari peggiori per potenziali inquinamenti della falda e della dispersione in mare. Domenica 17 aprile si è rotto l’oleodotto che trasferisce il greggio dal porto di Genova alla raffineria Iplom di Busalla, nell’entroterra del capoluogo ligure. Nei torrenti che confluiscono nel Polcevera si sversano centinaia di metri cubi di petrolio. L’entità dei danni non è ancora chiara. La Procura ha aperto un fascicolo per disastro ambientale colposo contro ignoti e messo sotto sequestro il deposito costiero della Iplom. Le tre ditte chiamate per la bonifica con 14 squadre di operai recuperano 550 metri cubi tra greggio, acqua e schiuma impiegata per fermare l’inquinamento.

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Polcevera: lo sversamento e gli uccelli sporchi di petrolio (Corriere della Sera, 20 aprile 2016)


Il Corriere della Sera spiega oggi quali danni ambientali si aspettano gli esperti:

La Lipu di Genova lunedì ha soccorso 27 germani reali coperti di greggio. «Tredici stanno bene — dice la responsabile Daniela Filippi — gli altri sono gravi: hanno respirato le esalazioni del petrolio». Per un fiume la cui salute già non era esaltante come il Polcevera, lo sversamento è un danno serio. «Non è paragonabile al disastro della Haven, la petroliera naufragata nel 1991 davanti ad Arenzano, ma per il fiume è un duro colpo. Speriamo che in mare non arrivi molto greggio», spiega Giorgio Bavestrello, docente di zoologia marina dell’Università di Genova. «Gli effetti sulla flora del fiume saranno importanti. Ci vorrà più di un anno per tornare alle condizioni iniziali», prevede Mauro Mariotti, professore di botanica ambientale dell’ateneo genovese. «È un danno che si aggiunge a una situazione già molto deteriorata».

Polcevera, quali danni dallo sversamento?

Sull’accaduto la procura di Genova ha aperto un’inchiesta per disastro ambientale colposo e l’oleodotto danneggiato è stato messo sotto sequestro. Risulta indagato il direttore dell’impianto Vincenzo Columbo, l’inchiesta si concentra sullo stato delle manutenzioni (sequestrati i libri dell’azienda) e sui tempi di intervento dopo il danno. La bonifica si profila lunga e difficile: il petrolio, di origine nigeriana, è pesante e tende a depositarsi piuttosto che evaporare. Ma le esalazioni, con il sole, sono comunque molto forti. Secondo la Asl genovese non ci sono pericoli immediati per la salute ma gli abitanti dei quartieri coinvolti lamentano arrossamenti degli occhi, mal di gola, giramenti di testa. Due persone sono finite all’ospedale. Ferdinando Boero sulla Stampa però spiega che gli esperti non si aspettano danni permanenti:

Quando, nel 1991, naufragò la Haven finirono in mare 144.000 tonnellate di petrolio. 90.000 bruciarono. Sul fondo ne finirono tra 10.000 e 50.000. Dopo un quarto di secolo il Mar Ligure è ancora lì, la gente va al mare, ma i pescatori evitano quella zona, perduta per chissà quanto tempo ancora, asfaltata. Le poche tonnellate finite nel torrente sono niente al confronto. Gli effetti non saranno così devastanti, la perdita è sotto controllo, sono stati posti argini alla piena nera.
Rane, uccelli e pesci presenti in quel tratto di torrente ne hanno sofferto, molti esemplari sono morti e, dato che un po’ di petrolio è finito nel porto, ci sarà qualche conseguenza anche nell’ambiente marino. Questi fenomeni si mitigano con solventi e con la rimozione fisica del petrolio. L’acqua dei fiumi si rinnova continuamente e a parte il fenomeno acuto che colpisce specie carismatiche (uccelli, anfibi, pesci), se si agirà con perizia è presumibile che i danni non saranno permanenti.

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Polcevera, gli uccelli (La Stampa-Lav, 20 aprile 2016)


In prima linea intanto ci sono gli animalisti volontari della Lav, la Lega antivivisezione di Genova, che hanno salvato numerosi germani reali, e l’Enpa. Con i volontari sono in azione anche tanti che abitano nei pressi dei torrenti: si sono trovati davanti ad uccelli pieni di petrolio e non ce l’hanno fatta a girarsi dall’altra parte. Tre cittadini nelle ultime ore hanno telefonato alla Lav per chiedere consigli su come pulire un germano reale trovato con il mantello completamente impregnato dal greggio. Ma la telefonata più struggente alla responsabile della Lav, Daniela Filippi, è arrivata da un abitante che vive a pochi metri dal torrente Fegino, in salita al Lago: “nel ricostruire cosa era successo mi ha detto con la voce quasi rotta dalle lacrime: ‘Guardi, io per la prima volta ho sentito le rane piangere, di rane adesso nel Fegino non ce ne sono più…'”. Gli animalisti danno consigli: “chi ha in casa un uccello sporco di petrolio ci chiami. Occorre prima lavarli con una prima mano di sostanze come l’olio di girasole o di vaselina, che tirano via lo strato di gregge più superficiale, poi dopo il risciacquo rilavarli con dei saponi neutri o sgrassanti, un’ operazione delicata e lunga perché a volte prima di ripulirli occorre lavarli anche 15 volte. Basilare è operare usando acqua calda e in ambiente intorno ai 40 gradi, sennò l’animale rischia di morire per ipotermia. Noi per misurare la temperatura degli animali abbiamo requisito ad amici e conoscenti tutti i vecchi e più affidabili termometri al mercurio. Bisogna inserirli fra le penne”.

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