Piedimonte Matese, i Testimoni di Geova accusano l’ospedale per la mancata trasfusione

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-30

I tre figli della donna parlano di “strategie mediche alternative alla trasfusione che avrebbero potuto salvarla. E annunciano una possibile azione legale nei confronti dei medici dell’ ospedale del Casertano

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I tre figli della donna 70enne Testimone di Geova, morta all’ Ospedale di Piedimonte Matese (Caserta) dopo aver rifiutato una trasfusione di sangue contestano la versione del primario del reparto di Chirurgia generale, dottor Gianfausto Iarrobino sulle cause della morte della madre, che non sarebbe – secondo loro – conseguenza del rifiuto della trasfusione.

Piedimonte Matese, i Testimoni di Geova accusano l’ospedale per la mancata trasfusione

“Come testimoni di Geova – affermano – amiamo moltissimo la vita. Quando nostra madre si è sentita male l’abbiamo portata subito in ospedale perché venisse curata nel modo migliore possibile. Abbiamo anche rispettato la sua decisione di non ricevere trasfusioni di sangue, consapevoli che esistono strategie mediche alternative che funzionano molto bene, anche in casi delicati”. “Purtroppo – proseguono i figli della 70enne – quando nostra madre ha chiesto ai medici di curarla con ogni terapia possibile tranne che col sangue i medici non le hanno somministrato prontamente farmaci che innalzassero i valori dell’emoglobina. Lo hanno fatto solo due giorni dopo dietro nostra insistenza”. Secondo i figli della donna, i medici dell’ Ospedale di Piedimonte Matese “non hanno nemmeno fatto indagini strumentali che permettessero di trovare il luogo esatto dell’emorragia così da fermarla il prima possibile. Si sono limitati a chiedere insistentemente di praticare l’emotrasfusione. Ma a cosa sarebbe servita se il problema di fondo era la perdita di sangue?”. I figli della 70 enne deceduta annunciano una possibile azione legale nei confronti dei medici dell’ ospedale del Casertano.

gianfausto iarrobino

Ma Iarrobino non ci sta e risponde alle accuse sul Mattino:  «Ma davvero vogliono far ricadere su di me la responsabilità? Questo non è uno scherzo,siparladi vitae di morte. Quei volantini che mi hanno dato i figli della donna che ha rifiutato la trasfusione, su cui c’erano scritte le cure alternative, sono gli stessi che io trovo nella buca delle lettere di casa mia quando passano nel mio rione i Testimoni di Geova. Con tutto il rispetto, ma io, in qualità di medico, so bene come si cura una paziente, non mi attengo a un volantino. Sono 30 anni che faccio il chirurgo ed è la prima volta che resto impotente contro la decisione di una mia paziente che per motivi religiosi rifiuta le cure e muore».  E poi: «Mi hanno proposto la vitamina B12 o l’eritropoietina, ma ho spiegato loro che quel tipo di sostanza si usa per un’anemia cronica, non acuta come nel caso della madre. Insomma, quella paziente aveva bisogno di fattori freschi, di sangue». Domenico Alvaro, docente di gastroenterologia alla Sapienza di Roma, presidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva (Sige), conferma: «L’eritropoietina stimola il midollo ma è utilizzata in casi cronici e richiede molti giorni per avere qualche effetto». Sulla trasfusione «Ci sono criteri universali dettati dalla comunità scientifica internazionale in base ai valori di emoglobina e alla situazione clinica».

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