Perché l’Italia ha più casi di Coronavirus rispetto agli altri paesi?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-07

Il numero elevato di contagi in Italia può essere legato al fatto che si fanno più tamponi e che si notificano anche i soggetti positivi ma non ricoverati? Le risposte degli esperti

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Perché l’Italia ha più casi di Coronavirus rispetto agli altri paesi? Il Corriere della Sera oggi pubblica le risposte degli esperti su COVID-19 e sull’incidenza di SARS-COV-2 nel nostro territorio rispetto al resto d’Europa. A replicare nel merito sono Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive all’Università degli Studi di Milano e primario del reparto di Malattie infettive III dell’Ospedale Sacco, Paolo Bonanni, ordinario di Igiene all’Università degli Studi di Firenze e componente della Società italiana di Igiene, medicina preventiva e sanità pubblica e Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi:

Galli: «Sulla base dei dati epidemiologici possiamo dire che il virus ha cominciato a circolare in Italia alla fine di gennaio e si è ampiamente diffuso, restando sotto traccia, soprattutto nella cosiddetta zona rossa. Il paziente zero, chiunque egli sia, non aveva alcun motivo di credersi infetto. Il virus ha serpeggiato finché tutte le infezioni della prima ondata destinate ad aggravarsi sono arrivate all’attenzione del Servizio sanitario nazionale. Ci siamo accorti del fuoco quando l’incendio aveva già bruciato gran parte del primo piano, ma si è trattato di una situazione casuale che sarebbe potuta avvenire in altre parti del mondo. Nelle settimane precedenti al manifestarsi del focolaio diversi pazienti in condizioni gravi sono stati ascritti a complicanze delle patologie di stagione, ma probabilmente la causa era Sars-Cov-2».

Bonanni: «Al momento non sappiamo perché in l’Italia si sia verificato il picco di contagi e non siamo riusciti a ricostruire le tappe dell’arrivo dell’infezione, perché nei primi tempi non si è attivato il tracciamento dei casi con sintomi respiratori. I controlli venivano riservati a chi proveniva dalla Cina (come nel caso dei primi due pazienti ricoverati allo Spallanzani) o aveva avuto contatti con cinesi. Da metà gennaio abbiamo visto, anche nel Lodigiano, casi di polmoniti complicate, forse provocate dal nuovo virus. Non escludo la presenza di uno o più super diffusori: soggetti in cui il microrganismo si replica in quantità tale da poter infettare molte persone in tempi brevi».

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I casi di Coronavirus in Italia e negli altri paesi (Corriere della Sera, 7 marzo 2020)

Il numero elevato di contagi in Italia può essere legato al fatto che si fanno più tamponi e che si notificano anche i soggetti positivi ma non ricoverati?
Pregliasco: «Con una metafora potremmo dire che ci siamo resi conto dell’iceberg solo quando è emersa la punta, ovvero il primo caso grave. Solo allora, nel tentativo di tracciare il paziente zero e circoscrivere il focolaio, sono stati eseguiti numerosi test sui soggetti a rischio, individuando casi che in altre nazioni non sono stati presi in esame: molti Paesi infatti hanno scelto di sottoporre a tampone solo i soggetti sintomatici, in quanto più pericolosi in termini di trasmissione ad altri. Peraltro va detto che l’epidemia ha coinciso con un’epidemia influenzale caratterizzata soprattutto dai virus H1N1 e N3N2, che danno effetti respiratori pesanti. Credo che anche in Cina ci sia stata inizialmente una difficoltà legata a questo aspetto: alcuni pazienti possono essere stati ritenuti erroneamente vittime di patologie stagionali».

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