Perché è giusto togliere a Martina Levato suo figlio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-08-18

Lo spiegano Vittorio Feltri e Mario Giordano su Giornale e Libero

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Vittorio Feltri e Mario Giordano rispettivamente sul Giornale e su Libero si occupano del caso di Martina Levato, la donna che con Alexander Boettcher ha aggredito l’ex fidanzato Pietro Barbini con l’acido e a cui è nato un figlio durante la permanenza a San Vittore. Il pm di Milano Marcello Musso, titolare dell’inchiesta sui blitz della cosiddetta ‘coppia diabolica’ che ha portato alla condanna anche dell’ amante Alexander Boettcher e all’arresto del presunto complice Andrea Magnani, ha ritenuto doveroso compiere “un atto umano di solidarietà verso il bambino”. Si è presentato alla clinica Mangiagalli dove il bimbo – oggi riconosciuto dalla giovane con il nome di Achille (presto lo farà anche Alex attraverso un messo comunale che andrà a San Vittore) – è nato tra venerdì e sabato scorso e gli ha portato in dono delle scarpette. Regalo accompagnato da un biglietto con su scritto: “Ad Achille, con infinita tenerezza per un lungo cammino”. La Procura per i minorenni, però, nel frattempo ha avviato l’iter per l’adottabilità del piccolo con un ricorso su cui dovranno esprimersi ora i giudici minorili (la camera di consiglio senza la presenza delle parti è fissata per domani). Il pm Fiorillo nel suo provvedimento e sulla base delle norme ha valutato che sussiste una “inadeguatezza totale ed irreversibile” da parte dei genitori del piccolo a provvedere ai suoi bisogni evolutivi. L’articolo di Feltri è brutale nella sua argomentazione, come suo costume, ma segnala gli argomenti più importanti a favore dell’affido:

Parliamoci chiaro,senza ipocrisie: chi affiderebbe un bebè a una donna che ha rovinato gratuitamente l’esistenza a un giovanotto (20anni) e che,su precisa richiesta dei rappresentanti della giustizia («perché lo ha fatto?»),non ha saputo aprire bocca? Una persona così non garantisce l’equilibrio necessario per allevare un bambino,assicurando di non nuocergli. Di sicuro Achille meritava di crescere assaporando il nutrimento (e ricevendo le cure) della mamma, ma non di Martina, che ha dimostrato di non avere una coscienza registrata su una moralità accettabile. In determinate circostanze, è fatale scegliere il male minore e tentare di regalare un destino privo di rischi al neonato.
Non credo che i giudici abbiano assunto simile provvedimento con freddezza e cinismo, ma optato per la separazione solo ed esclusivamente allo scopo di non correre il rischio che la detenuta, avendo compiuto lo scempio che sappiamo, potesse fare più male che bene al suo figlioletto. Ha prevalso in loro la prudenza sui sentimenti. Nella fattispecie, i magistrati non avevano un’alternativa che non fosse azzardata. Auguriamo ad Achille un futuro sereno,e a Martina di rientrare in senno.

Ancora più forte l’argomentazione di Giordano:
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