Perché le attrici che lo accusano non hanno denunciato Fausto Brizzi?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-11-13

Finché le attrici di Hollywood hanno denunciato un produttore di americano su Facebook e sui giornali andava tutto bene. Poi dieci sconosciute italiane hanno raccontato di essere state molestate da Fausto Brizzi e improvvisamente tutti si scoprono garantisti. Come mai?

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Ieri sera Le Iene hanno rivelato il nome del regista romano accusato di molestie e violenza sessuale da una decina di attrici e aspiranti attrici. Il 22 ottobre le Iene avevano iniziato a a parlare della vicenda senza però rivelare il nome del “regista romano di 40 anni” che sarebbe uno dei protagonisti degli episodi denunciati. Circa un terzo delle donne e delle ragazze intervistate da Dino Giarrusso de Le Iene ha raccontato di aver subito molestie o tentativi di violenza sessuale da parte di Fausto Brizzi.

Le vittime delle violenze di Brizzi alle Iene

Le Iene hanno così mandato in onda le interviste alle dieci donne che hanno raccontato di essere state vittime di Brizzi. I racconti sono molto circostanziati e simili tra loro, e lasciano intendere che Brizzi abbia utilizzato sempre lo stesso modus operandi. Ovvero Brizzi invitava le aspiranti attrici per un casting nel suo ufficio – che tutte hanno descritto arredato come un’abitazione, con tanto di jacuzzi e fumetti – e di essere state costrette da Brizzi a recitare alcune “scene erotiche” durante quello che in teoria doveva essere solamente un provino.
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Tutte le donne hanno raccontato che ad un certo punto il regista – che aveva ha “cambiato espressione“, che si sarebbe completamente denudato arrivando a masturbarsi in loro presenza. Una di loro ha raccontato anche di aver avuto – contro la sua volontà – un rapporto sessuale completo con Brizzi ma di essersi sentita paralizzata e completamente impotente e di non aver avuto quindi la forza di reagire.
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Tutte le testimoni hanno chiesto di rimanere anonime e quindi i loro volti sono stati oscurati e la voce alterata. Solo due delle vittime di Brizzi – Clarissa Marchese, Miss Italia 2014, e la modella Alessandra Giulia Bassi – hanno scelto di raccontare la loro storia a volto scoperto. Il regista non ha voluto essere intervistato dalle Iene ma tramite il suo avvocato Brizzi ha fatto sapere di “non avere mai avuto rapporti non consenzienti“. Venerdì scorso, sempre tramite il suo legale, Brizzi aveva reso noto che “in via precauzionale e per evitare strumentalizzazioni” aveva “sospeso tutte le mie attività lavorative e imprenditoriali”.

I difensori d’ufficio di Fausto Brizzi

Fin qui dunque il racconto (e la difesa) delle parti in causa. Ma non spetta certo ai giornalisti e agli opinionisti stabilire se Brizzi sia colpevole o innocente. Certo: come nel caso delle accuse a Harvey Weinstein ci sono molte donne che raccontano, in modo abbastanza dettagliato, episodi molto simili tra loro. Difficile poter sostenere che si siano inventate tutto, che si sono messe d’accordo o che è tutta una messinscena delle Iene. C’è però chi sostiene che quelle donne, quelle ragazze, abbiano sbagliato a rivolgersi al programma Mediaset.
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Eppure che differenza c’è tra andare a raccontare la propria storia al New Yorker o alle Iene? Si potrebbe obiettare che il primo è un periodico che gode di ottima reputazione mentre le Iene spesso non fanno giornalismo di qualità. Ma non bisogna fare confusione: perché chi critica l’attendibilità delle Iene in realtà vuole solo screditare la credibilità delle testimonianze delle vittime (anche se chiudere il servizio sulle note di “Notte prima degli esami” è una cafonata di un certo livello).
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Anche la critica relativa al fatto che la maggior parte delle attrici abbiano scelto di rimanere anonime non vuol dire che si siano inventate tutto. In primo luogo perché il loro racconto è in un certo senso “confermato” dalle due che invece hanno raccontato la loro esperienza a volto scoperto. In secondo luogo perché la scelta dell’anonimato toglie agli esperti di slut-shaming e ai difensori d’ufficio di Brizzi la possibilità di dire che lo stanno facendo “solo per cercarsi pubblicità”.
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Per altri amici di Brizzi il regista sarebbe vittima di una “caccia al maschio” dove potenzialmente ogni uomo potrebbe essere accusato di violenza sessuale. Ma non è così, perché qui non stiamo parlando di avances ma di quelle che sembrano essere vere e proprie molestie. Perpetrate in un contesto in cui il molestatore godeva anche di una posizione di superiorità e di forza sulle vittime che per la maggior parte loro sono probabilmente attrici alle prime armi.

Perché le attrici non hanno denunciato Brizzi?

Non bisogna dimenticare però che Brizzi, come tutti, ha diritto come tutti ad essere considerato innocente fino a prova contraria. Ma in questo caso non c’è nessuna indagine in corso e nessun processo quindi non ha molto senso invocare il garantismo. È quindi inutile lanciarsi, come stanno facendo molti, in processi improvvisati sui social network o sui giornali. Ma fatto salvo il diritto alla difesa di Brizzi – che potrebbe al momento limitarsi a spiegare come mai una decina di persone si sarebbe “inventata” accuse nei suoi confronti –  in questa vicenda c’è qualcosa di peggio: i soliti attacchi contro quelle donne che hanno trovato la forza di denunciare quanto accaduto.
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Ma perché lo fanno in televisione, alle Iene, e non sono andate dai Carabinieri o in Procura? Non sappiamo quando sono accaduti i fatti, possiamo ipotizzare che risalgano a diverso tempo fa, forse ad alcuni anni fa. In Italia il Codice Penale (Art. 609-bis) stabilisce che la violenza sessuale è uno di quei reati per cui si procede in seguito a querela. Non è un reato per cui – salvo in casi particolarmente gravi come la violenza sessuale di gruppo o se sono coinvolti minorenni – si proceda d’ufficio. Le vittime hanno 180 giorni di tempo (sei mesi) per sporgere querela. Trascorso quel lasso di tempo non è più possibile farlo. Ed è per questo che Brizzi non risulta al momento essere sotto inchiesta. Ma oltre a questo particolare tecnico sono subentrate nelle vittime la vergogna, la paura di doverlo raccontare ai propri familiari, la sofferenza psicologica e il senso di impotenza comune a tutte le vittime di violenza sessuale.

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