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Stato di diritto e fondi UE: Sassoli cita in giudizio la Commissione Europea
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2021-10-22
Il presidente del Parlamento UE fa riferimento alla mancata applicazione del regolamento sulle condizionalità dello “stato di diritto” in merito all’erogazione dei fondi
L’Europa unita funziona solo se si rispettano e si applicano norme comunitarie uguali per tutte. Nel caso della distribuzione e dell’uso di fondi europei, però, è venuto meno quel principio di “stato di diritto” che deve essere rispettato dai Paesi membri e che non è stato rispettato dalla Commissione Europea che resta (ancora) in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia sulle sollecitazioni avanzate da Polonia e Ungheria negli scorsi mesi. Per questo motivo David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo, ha deciso di chiedere la citazione in giudizio della Commissione UE.
Sassoli cita in giudizio la Commissione Europea su “stato di diritto” e fondi distribuiti
Tutto è partito dalla mobilitazione di buona parte degli eurodeputati che la scorsa settimana avevano esortato il Presidente dell’Europarlamento a procedere nei confronti della Commissione. Sassoli, secondo le scadenze temporali, aveva tempo fino al 2 novembre per procedere con la richiesta di citazione in giudizio. Ma due giorni fa, il 20 ottobre, è stata presa la decisione definitiva e ora si andrà allo “scontro”. Queste le parole di David Sassoli al termine dell’incontro tra i Presidenti:
“Gli stati dell’Ue che violano lo stato di diritto non dovrebbero ricevere i fondi comunitari. L’anno scorso il Parlamento ha lottato duramente per la creazione di un meccanismo che garantisca questo principio. Tuttavia, finora la Commissione europea è stata riluttante a metterlo in pratica. L’Unione europea è una comunità fondata sui principi della democrazia e dello stato di diritto. Se questi sono minacciati in uno stato membro, l’Ue deve agire per proteggerli. Ho quindi chiesto ai nostri servizi legali di preparare una causa contro la Commissione per garantire che le regole dell’Ue siano applicate correttamente”.
Il tema è molto delicato. Lo scorso dicembre, infatti, la Commissione Europea ha approvato quel regolamento che introduceva, come criterio di condizionalità per l’erogazione e l’utilizzo di fondi comunitari, il concetto di “stato di diritto”. Di cosa si tratta?
“Lo Stato di diritto è uno dei valori fondamentali dell’Unione, lo sancisce l’articolo 2 del trattato sull’Unione europea. È anche la conditio sine qua non per la tutela di tutti gli altri valori fondamentali dell’Unione, a cominciare dai diritti fondamentali e dalla democrazia. Il rispetto dello Stato di diritto è capitale per lo stesso funzionamento dell’Unione: efficace applicazione del diritto UE, corretto funzionamento del mercato interno, mantenimento di un contesto propizio agli investimenti, fiducia reciproca. L’essenza ultima dello Stato di diritto è una tutela giurisdizionale effettiva, il che presuppone l’autonomia, la qualità e l’efficienza dei sistemi giudiziari nazionali”.
Un argomento che, dunque, prevede una verifica del rispetto di questi principi all’interno degli Stati membri. Tema che ha sollevato le proteste di due Paesi in cui tutto ciò è molto lontano dall’essere in linea con i principi basilari. Non solo dell’Unione Europea, ma della democrazia. Polonia e Ungheria, infatti, hanno presentato il proprio ricorso contro il regolamento – e il principio di “stato di diritto” – alla Corte di Giustizia Europea che ancora non si è pronunciata. Tutto ciò ha bloccato la situazione, con la Commissione Europea – come confermato nei giorni scorsi anche da Ursula von der Leyen – che è ferma e il Parlamento Europe che ora critica questa fase di stallo e la cita in giudizio.
(foto IPP/imagostock)