Perché Bilal Erdogan è sotto indagine in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-08-03

In un esposto presentato alla magistratura lo scorso febbraio, Uzan aveva chiesto che venissero indagate eventuali somme di denaro portate in Italia da Bilal Erdogan, in ordine di un eventuale reato di riciclaggio. La motivazione sta nel fatto che è stato uno dei nomi chiave della maxi tangentopoli turca

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Bilal Erdogan, il terzo figlio del presidente turco, è stato al centro dell’intervista rilasciata da quest’ultimo a Rainews ieri. Lo scorso dicembre l’imprenditore turco Murat Hakan Huzan presenta un esposto in cui accusa Bilal Erdogan di aver portato illegalmente soldi in Italia per riciclarli. La procura di Bologna scrive il nome del figlio del presidente nel registro degli indagati. Le indagini preliminari sono state prorogate di sei mesi il 20 luglio.

Perché Bilal Erdogan è sotto indagine in Italia

Bilal Erdogan sta conseguendo un dottorato che dura dal 2006 – con un’interruzione nel 2012 per “motivi di salute” – e che secondo il curriculum vitae pubblicato dalla School of Advanced International Studies (SAIS) della università John Hopkins di Bologna si sarebbe già dovuto concludere nel giugno 2016. L’accusa nei confronti del giovane Erdogan arriva dall’imprenditore Mehmet Hakan Uzan, rifugiato politico in Francia. La famiglia Uzan, annoverata tra le famiglie turche più abbienti negli anni ’80 e ’90, ha assistito all’esproprio dei propri beni a partire dal 2003 durante i primi governi Erdogan. Da qui la probabile origine dei rapporti poco amicali tra le due famiglie. In un esposto presentato alla magistratura lo scorso febbraio, Uzan aveva chiesto che venissero indagate eventuali somme di denaro portate in Italia da Bilal Erdogan, in ordine di un eventuale reato di riciclaggio. La motivazione sta nel fatto che Bilal Erdogan è stato uno dei nomi chiave della maxi tangentopoli del 17 e 25 dicembre 2013, che ha rischiato di travolgere il governo e il suo entourage. Per Bilal Erdogan in ballo c’era un’accusa riguardante uno studentato costruito illegalmente su un’area naturale protetta a Istanbul, sotto la gestione del Comune di Fatih – altro indagato della maxi inchiesta – da parte della potente fondazione Turgev. Il giovane Erdogan è amministratore delegato della fondazione che si occupa di servizi all’istruzione e ai giovani e tra i cui membri figurano anche diversi altri nomi della famiglia Erdogan. Le autorità turche hanno strenuamente respinto ogni tipo di accusa. Le inchieste sono state indicate come un tentato golpe e il caso è finito in archivio, dopo la destituzione di centinaia di membri della magistratura e delle forze di polizia, accusati di lavorare per conto del potente predicatore Fethullah Gulen. Il caso è difatti considerato come l’inizio dichiarato della lotta senza quartiere tra Recep Tayyip Erdogan e il nemico Gülen – un ex alleato che la leadership turca accusa di essere anche dietro al tentato golpe del 15 luglio scorso.

Le intercettazioni telefoniche di Bilal Erdogan

Ma giusto alcuni mesi dopo la maxi tangentopoli, cinque intercettazioni telefoniche diffuse tramite i social media hanno nuovamente scosso la famiglia Erdogan. Questa volta si trattava di conversazioni attribuite a Erdogan padre e figlio che tra il 17 e il 18 dicembre 2013 discutono su come far sparire laute somme di denaro in contanti – diverse decine di milioni di dollari – dalla casa di Bilal Erdogan. In base alle registrazioni audio, i soldi sarebbero stati distribuiti tra diversi uomini di affari vicini al governo, con l’aiuto della figlia di Erdogan, Sumeyye Bayraktar, e di altri parenti. Nell’ultima registrazione la presunta voce di Erdogan figlio afferma di essere in difficoltà per non essere ancora riuscito a collocare gli ultimi 30 milioni di dollari rimasti. Anche nell’esposto presentato dall’imprenditore Murat Hakan Uzan ci sarebbero accuse riferite ad “una grossa somma di denaro” con cui Bilal Erdogan sarebbe giunto lo scorso settembre in Italia nell’ambito di un presunto “progetto di fuga”. E la procura di Bologna lo avrebbe iscritto come indagato per vagliare le accuse. Intanto però il trentacinquenne figlio Erdogan resta in Turchia, dove è rientrato a marzo “per motivi di sicurezza”. Ma non è la prima volta che ai membri della famiglia Erdogan vengono rivolte accuse – sempre respinte – di azioni illegali. Altre presunte intercettazioni avevano coinvolto la figlia maggiore di Erdogan, Sumeyye Bayraktar, riguardo alla stessa maxi inchiesta del dicembre 2013. Burak Erdogan, primogenito del presidente turco e co-proprietario dell’impresa MB Denizcilik, è stato a sua volta accusato recentemente da parte del ministero della Difesa russo di fare commercio di petrolio estratto dall’Isis.

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