Attualità

La storia del pastore di Ploaghe che uccide il suo gregge perché il latte non è buono

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-10-19

In un raptus di follia un allevatore di Ploaghe ha sgozzato le sue 135 pecore e 4 dei suoi cani da pastore perché non riusciva a vendere il latte alla cooperativa del paese. Irreperibile per alcuni giorni l’uomo ha fatto ritorno ieri al suo casolare dove è stato raggiunto dalle forze dell’ordine

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Un allevatore di pecore di Ploaghe (Sassari) ha sterminato il suo gregge di pecore: 135 pecore e 4 cani da pastore sgozzati in un impeto di rabbia. L’uomo, un 62enne già noto alle forze dell’ordine, per alcuni giorni è stato irreperibile. La scoperta è stata fatta da alcuni allevatori della zona che hanno allertato la polizia dopo aver sentito il tanfo delle carcasse in decomposizione. Il gregge è stato trovato in un lago di sangue nei pressi di colle Santa Giusta, in località “Pala ’e Chercu” sul terreno di proprietà del pastore.

Il latte non è buono e il pastore uccide le pecore

Sembra che a scatenare la rabbia cieca dell’allevatore nei confronti del gregge e dei suoi cani da pastore siano stati una serie di rifiuti da parte della cooperativa cui vendeva il latte. A quanto pare il prodotto aveva un contenuto microbico troppo alto che lo rendeva inadatto al consumo umano. L’uomo quindi, esasperato dalla situazione, ha deciso di sgozzare tutti i suoi animali. Stando a quanto riporta il Corriere della Sera il pastore nel 1998 era stato sospettato di avere sparato ad un vicino di casa. Successivamente era stato condotto all’ospedale psichiatrico giudiziario dopo il sequestro del fucile e delle munizioni.
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I cadaveri degli animali sono stati ritrovati in avanzato stato di decomposizione, e sarebbero stati uccisi nei giorni scorsi, sgozzati con un coltellaccio. L’unico a sopravvivere è stato un quinto cane da pastore, che però è in condizioni critiche. Ieri dopo alcuni giorni di “latitanza” l’allevatore ha fatto ritorno alla sua abitazione ed ora sarà probabilmente preso in carico dai servizi sociali e dal Comune che avranno il compito di valutare le sue condizioni di salute ed eventualmente disporre un trattamento sanitario obbligatorio. Insomma al di là delle circostanze relative alla mattanza sembrerebbe – anche dai racconti dei vicini di casa – che l’uomo possa soffrire di qualche disturbo psichico e di una forma evidente di disagio sociale che lo aveva già portato ad isolarsi dal mondo.

Le solite dure condanne degli animalisti

Il Presidente di Animalisti Italiani Onlus, Walter Caporale ha dichiarato che la sua associazione è pronta a costituirsi parte civile in un eventuale processo: «In vita mia non mi era mai capitato di assistere ad un qualcosa di simile. 135 animali massacrati perché il latte non è buono è un fatto che va al di là dell’immaginabile. Peccato che abbiano chiuso i manicomi… Battute a parte noi Animalisti Italiani Onlus siamo pronti a costituirci parte civile nel caso di rinvio a giudizio del responsabile di questa ignobile mattanza».
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Il Vice Presidente dell’associazione, Riccardo Manca, sottolinea invece il problema della “pericolosità sociale” dell’allevatore spiegando che «è dimostrata da numerosi studi eseguiti sia in Italia che negli Stati Uniti d’America. La correlazione è strettissima: esiste infatti una probabilità molto alta che chi commette atti criminali su degli esseri inermi e indifesi possa poi reiterarli sulle persone. Chiediamo che questa eventualità venga arginata senza sconti; chiediamo che questa “persona” venga assicurata alla giustizia. Un paese “civile” non può tollerare atti così crudeli ed efferati».
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Nel frattempo su Facebook e sui social è già iniziato il “processo”. La maggior parte degli utenti è colpevolista ma c’è anche qualcuno che pur criticando il gesto cerca di sforzarsi a comprendere cosa possa aver spinto l’uomo ad un gesto che – per un pastore – è fortemente autolesionistico.
 

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