Omicidio Vannini, la Cassazione conferma le condanne per la famiglia Ciontoli

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-05-03

Marco Vannini è stato ucciso nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015. La sentenza d’Appello bis del 30 settembre aveva condannato tutta la famiglia

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La Cassazione ha confermato le condanne dell’Appello bis per la famiglia Ciontoli per l’omicidio di Marco Vannini, ucciso nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015. Sei anni dopo arriva quindi la parola fine: 14 anni per Antonio Ciontoli (per omicidio volontario con dolo eventuale); 9 anni e 4 mesi per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico e la moglie Maria Pezzillo per concorso in omicidio volontario anomalo. “Finalmente è stata fatta giustizia, ma nessuna persona ha vinto”, hanno detto i genitori di Marco Vannini che son scoppiati a piangere nel momento in cui è stata letta la decisione della Cassazione: “Domani porterò un mazzo di fiori a Marco, così che possa riposare in pace. Ora possiamo vivere il nostro lutto, possiamo andare al cimitero e guardare mio figlio negli occhi e dire ‘finalmente hai avuto giustizia’. Ora sarà sereno”.

La sentenza della Cassazione

“I Ciontoli hanno sempre mentito, continuano a mentire e non si vogliono prendere le loro responsabilità”, avevano detto questa mattina Marina Conte e Valerio Vannini, i genitori di Marco Vannini parlando fuori dalla Cassazione. “Sono stati in silenzio sei anni e a ridosso della Cassazione si mettono a parlare sui social – aggiungono- Forse sperano di incidere sulla decisione ma crediamo che i giudici ormai abbiano ben chiaro tutto quello che è successo, anche perché parlano le carte. Marco – ha riferito la mamma- mi ha detto di stare tranquilla e che andrà tutto bene”.

L’avvocato della famiglia Ciontoli, Giandomenico Caiazza, aveva però chiesto di annullare le condanne perché “quella d’appello è una sentenza illogica, disseminata di insensatezze. Se c’è omicidio volontario significa che c’era adesione alla possibilità della morte di Vannini. Ma questo come è compatibile col fatto che hanno chiamato i soccorsi?”.

Eppure per i procuratori invece è tutto così chiaro. Il sostituto procuratore generale della Cassazione Olga Mignolo all’udienza del processo aveva detto: “In questa vicenda tutti gli imputati hanno mentito. L’unico, a parte la famiglia Ciontoli, che poteva riferire come erano andati i fatti, era Marco Vannini, ecco perché la sua morte era preferibile per Antonio Ciontoli, allo scopo di evitare conseguenze negative per lui e la sua famiglia”. Infatti il procuratore generale questa mattina ha chiesto che la condanna dell’Appello bis fosse confermata: “È incontestabile l’accettazione da parte di tutti gli imputati della condotta del capo famiglia – ha aggiunto il pg – Vannini, ferito, restò affidato alle cure dei Ciontoli, che avevano un obbligo di protezione verso di lui. Gli imputati erano gli unici che avrebbero potuto impedirne la morte”.

L’omicidio di Marco Vannini e l’iter giudiziario per i Ciontoli

Marco Vannini è morto nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015. Era a casa della famiglia della fidanzata, Martina Ciontoli, a Ladispoli. Alle 23, in quell’abitazione esplode un colpo: a cliccare sul grilletto è Antonio Ciontoli, che in seguito dirà di aver sparato per errore mentre mostrava le sue pistole a Marco, che era all’interno della vasca. Marco urla e chiede disperatamente aiuto, ma la famiglia della ragazza decide in un primo momento di non chiamare i soccorsi e di cancellare ogni traccia di quello spar. Poi invece chiamano l’ambulanza. Ma agli operatori del 118 Antonio Ciontoli riferisce che Marco si fosse fatto male scivolando nella vasca, e che si fosse ferito con un pettine. Di fatto non facendo capire l’urgenza della situazione e ritardando in questo modo l’arrivo sul posto dell’ambulanza, che ha poi trasportato il giovane in pronto soccorso con il codice verde. All’arrivo all’ospedale di Ladispoli, Antonio Ciontoli però confessa che quella ferita fosse una ferita d’arma da fuoco. L’ospedale chiama l’elisoccorso, ma Marco muore alle tre del mattino mentre viene trasportato al Gemelli di Roma.

Dopo la morte di Maro è iniziato l’iter giudiziario. Perché infatti, lo ricordiamo, la sentenza di oggi è la seconda che pronuncia la Cassazione. La prima volta era intervenuta il 7 febbraio scorso, accogliendo la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale di annullare con rinvio la sentenza d’Appello per la famiglia Ciontoli, che ne aveva ridotto le pene, e dare il via a un nuovo processo per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale. L’Appello infatti aveva condannato Antonio Ciontoli con l’accusa di omicidio colposo a 5 anni di reclusione, contro i 14 che gli erano stati inflitti in primo grado per omicidio volontario e aveva confermato le condanne a tre anni per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e per la moglie Maria Pezzillo. Poi l’Appello bis aveva emesso nel settembre scorso le condanne a 14 anni per Antonio Ciontoli (per omicidio volontario con dolo eventuale) e a 9 anni e 4 mesi per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico e la moglie Maria Pezzillo per concorso in omicidio volontario anomalo. Oggi, con la ferma della Cassazione, si può mettere la parola fine.

 

 

 

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