«Norman Atlantic, tanti bruciati vivi nella stiva»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-12-30

Il conto dei morti e il rischio che molti siano rimasti in fondo al mare. Mentre il comandante e l’armatore vengono indagati per disastro colposo. E l’ipotesi del guasto elettico rimane in piedi, anche se a prendere fuoco potrebbe essere stato alla fine uno dei camion

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Il giorno dopo l’incendio nel traghetto Norman Atlantic è quello della conta dei morti. E subito si scopre che i conti non tornano. Ieri era circolata la notizia della presenza di molti clandestini a bordo del traghetto, la maggior parte dei quali doveva trovarsi nascosta nel parcheggio dove è scoppiato l’incendio. D’altro canto la lista dei passeggeri è emblematica: non si hanno più notizie da 24 ore di tre autotrasportatori napoletani, che viaggiavano con il traghetto incendiato. Potrebbero essere a bordo delle navi militari in arrivo in Italia ma gli inquirenti temono che tre delle salme che arriveranno a Bari nel pomeriggio possano essere le loro. Il settimanale To Vima ha parlato di 38 dispersi. Il numero ufficiale delle persone presenti a bordo non è chiaro. E quindi non lo sarà nemmeno quello ufficiale delle vittime, visto che è possibile che i corpi siano finiti in mare e non sia più possibile recuperarli.

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Norman Atlantic, l’incendio del traghetto (Corriere della Sera, 30 dicembre 2014)

NORMAN ATLANTIC, I BRUCIATI VIVI NELLA STIVA
Le cifre ufficiali, rese note ieri dai ministri Lupi e Pinotti, parlano di 427 persone messe in salvo. Dieci le vittime secondo le ultime stime risalenti a ieri sera quando la Guardia Costiera ha confermato il ritrovamento di altri due cadaveri. Ma non ci sono certezze sui dispersi. Alcuni nomi fra i salvati non figurano infatti sulla lista dei passeggeri. Secondo gli inquirenti mancano all’appello almeno 38 persone. Fra questi alcuni camionisti italiani. Intanto sulla vicenda sono state aperte tre inchieste e, come atto dovuto, sono stati indagati per naufragio ed omicidio plurimo colposi il comandante e l’armatore del Norman Atlantic. Giuliano Foschini di Repubblica è riuscito a parlare con uno dei clandestini a bordo: «Ho visto il fumo e mi sono buttato in mare. Mi hanno tirato sulla scialuppa e ho chiuso gli occhi, fin quando non ho sentito le prime voci. Ho pensato: sarebbe stato meglio morire sotto le ruote di quel camion che mi doveva portare in Italia, invece che finire qui, in mezzo a questo inferno», gli racconta Ramazan Mohammadi, 25 anni, afgano.

Il suo nome non risulta in alcuna lista dei passeggeri. Eppure era su quel traghetto, come i suoi amici Azi e Ibrahim, che ora sono qui con lui nella saletta d’attesa della Capitaneria di porto di Bari. Viaggiavano abusivamente, ecco perché i loro nomi non sono nella lista passeggeri. Non è un buona cosa: se aumentano i passeggeri reali, aumenta anche il numero delle vittime. Per tre vivi qui, ce ne sono altri tre morti in fondo al mare. È spietata la matematica della tragedia. E c’è voluto poco per capire che la storia della Norman Altantic andasse in quella direzione: non si contano più i sopravvissuti ma i morti. Quanti quelli del naufragio? Uno, si diceva ieri a inizio giornata. Alle 22 erano però già diventati dieci a cui bisognava aggiungere un numero imprecisato di dispersi, 39 secondo i greci, meno ma chissà quanti rispondono gli italiani. I conti sono difficili da fare e già per questo si capisce che c’è qualcosa che non va in questa storia e che le procure di Bari, Lecce e Brindisi, avranno molto da fare.

Ma quanti erano i clandestini a bordo?

«Viste anche le dichiarazioni di alcuni dei passeggeri, la tratta particolare e la coincidenza con le feste,periodo nei quali cresce il numero dei passeggeri e quindi è più facile farla franca ai controlli,non escludiamo che ce ne possano essere anche altri», spiegano dalla Polizia di frontiera. Non servono numeri per vedere che agghiacciante giano bifronte è la Norman, un po’ Concordia, e cioè traghetto di vacanzieri, e un po’ carretta del mare, e cioè mezzo di trasporto di disperati. Tra il disastro del Giglio e la strage di Lampedusa. Da qualsiasi parte la si guardi è una nave cimitero. Ha gli occhi ancora lucidi uno dei soccorritori che ha parlato con Aziz, il ragazzino che ha raccontato di essere minorenne. «Se davvero ce ne erano altri lì sotto, sono bruciati vivi. No, così non è possibile. Davvero così non è possibile».

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Norman Atlantic, i dettagli del salvataggio (La Repubblica, 30 dicembre 2014)

LE INDAGINI SULLA NORMAN ATLANTIC
Il comandante del traghetto Norman Atlantic, Argilio Giacomazzi, e l’armatore della nave, Carlo Visentini, sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Bari con le ipotesi di reato di naufragio colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. A quanto si è appreso, si tratta di un atto dovuto per l’esecuzione delle indagini. Il Corriere della Sera segnala le ipotesi sull’accaduto:

L’ipotesi del guasto elettrico rimane in piedi, anche se appare probabile che a prendere fuoco sia stato uno dei mezzi caricati in stiva. E non si esclude che la scintilla sia stata provocata dallo sfregamento del tetto di un camion con il soffitto del garage, dovuto all’oscillazione provocata dal mare in burrasca. Oppure, eventualità ancora non scartata, che nel locale ci fosse qualcuno, nonostante il divieto esplicito di rimanere lì durante la navigazione. Un «clandestino» che viaggiava all’interno di qualche Tir. Le fiamme hanno fatto in fretta a dilagare e anche su questo si dovranno svolgere accertamenti. Si sa che c’erano almeno quattro autobotti cariche di olii vegetali, altri camion riempiti di materiale ad alta combustione. Ma adesso si sta cercando di stabilire sein realtà ci sia stata una falla nel sistema antincendio, poiché dal piano garage il rogo si è spostato con grande velocità ai ponti superiori.

Ecco quindi che l’origine del fuoco sulla nave probabilmente spiegherà cosa è accaduto e perché i sistemi di allarme sembrano aver fallito. In attesa di finire di contare i morti. Sempre che questo sia possibile.

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