“Non possiamo chiamare per la terza dose per colpa della privacy”, l’ultima bufala di Bertolaso

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-11-05

Le parole del coordinatore della campagna vaccinale della Lombardia sono smentite dalle evidenze delle altre Regioni e dallo stesso Garante per la Privacy

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Parole a caso che portano al caos. Sono quelle pronunciate da Guido Bertolaso nella giornata di ieri, durante il suo intervento al convegno “Lotta al Covid: Italia e Israele a confronto. Scenari presenti e sguardi oltre la crisi”, organizzato dall’Ambasciata di Israele a Roma. Secondo il coordinatore della campagna vaccinale della Lombardia, la privacy lega le mani alle Regioni che non possono chiamare i cittadini per sollecitarli alla terza dose del vaccino anti-Covid. Ma non è così, perché altre Regioni hanno inviato (e stanno inviando) messaggi a chi ha ricevuto la seconda dose sei mesi fa e il Garante della Privacy non ha mai sostenuto la tesi esposta dall’ex capo della Protezione civile.

Bertolaso e la bufala della privacy che non permette di chiamare per la terza dose

Iniziamo da quel che è stato detto ieri da Guido Bertolaso che, polemicamente, ha dichiarato:

“Il Green Pass è la punta dell’iceberg di un dramma che si chiama privacy: ma di che cosa stiamo parlando, veniamo ascoltati e chiamati per qualsiasi pubblicità e poi non possiamo neanche chiamare direttamente le persone per sollecitarle a fare la terza dose perché violiamo la privacy”.

È veramente così? Assolutamente no. Prendiamo, per esempio, la Regione Lazio. Da quando si è aperta la campagna per la dose booster (limitata alla fasce di età inserite nel provvedimento del Ministero della Salute dopo il via libera dell’Aifa e, prima ancora, dell’Ema) dai sistemi informatici della Pisana sono stati fatti partire migliaia di sms destinati a tutti i cittadini che hanno i requisiti per procedere con la terza inoculazione. I primi a ricevere la comunicazione sono stati coloro i quali hanno ricevuto la seconda dose almeno sei mesi fa, poi anche a tutti coloro i quali stanno per arrivare a quella data.

Il parere del Garante

L’esempio del Lazio, dunque, già smentisce la strampalata tesi di Bertolaso. E oggi pomeriggio anche il Garante per la Privacy ha pubblicato una nota che spiega al coordinatore della campagna vaccinale della Lombardia la realtà delle cose:

“La “privacy” non ostacola le chiamate agli assistiti. Anzi, per agevolare il compito di regioni e province autonome l’Autorità ha da tempo messo a loro disposizione un decalogo sul corretto trattamento dei dati nell’ambito delle azioni promozionali per la vaccinazione. È quanto precisa il Garante per la protezione dei dati personali in risposta ad alcune affermazioni prive di fondamento di Guido Bertolaso, coordinatore della campagna vaccinale della Lombardia, secondo il quale la privacy limiterebbe la possibilità di chiamare e sollecitare gli assistiti alla somministrazione della terza dose di vaccino.
L’Autorità ribadisce quindi che le iniziative volte a promuovere la vaccinazione siano realizzate attraverso gli operatori del Servizio sanitario nazionale, coinvolgendo, auspicabilmente, i medici di medicina generale, a cui è nota la situazione sanitaria degli assistiti, anche riguardo ad aspetti che sconsigliano la vaccinazione in assoluto o temporaneamente. L’Autorità ricorda infatti che, a tutela della riservatezza degli assistiti, le iniziative per promuovere e sollecitare la terza dose di vaccino, non possono avvenire attraverso altri organi o uffici amministrativi regionali o comunali”.

Insomma, Bertolaso ha preso un grosso granchio.

(foto ipp clemente marmorino)

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