Attualità
Il «brutto clima» delle Marche tra bombe davanti alle chiese e «troppi immigrati»
Alessandro D'Amato 07/07/2016
3500 profughi accolti in tutta la Regione, con la paurosa percentuale dello 0,2257% rispetto all’intera popolazione e Fermo ha la quota più piccola tra le province. Eppure arrivano le scritte xenofobe, le bombe davanti alle chiese e l’omicidio con aggravante razziale. Anche se si tratta di terre rinomate per solidarietà ed accoglienza
I dati del Viminale dicono che le Marche hanno sul loro territorio 3500 profughi (il dato è della prefettura di Ancona). Ovvero lo 0,2257% dell’intera popolazione della regione, che ammonta a più di un milione e mezzo di persone. Eppure da mesi ormai compaiono scritte xenofobe o bombe davanti alle chiese che accolgono i migranti. L’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi fa scoprire il lato oscura di una regione considerata fino a poco tempo fa come un modello e oggi, come il resto d’Italia, colpita da crisi economica e disagio sociale.
Nelle Marche tra bombe e «troppi immigrati»
Ma le avvisaglie c’erano. Le scritte xenofobe nella villetta di via Gioco del Formaggio, poco fuori la cintura abitata di Castelplanio capoluogo che doveva essere adibita a centro d’accoglienza per venticinque (25!) richiedenti asilo con tanto di petizione che circolava nel paese:
Perché? Perché “tra qualche giorno – si legge tra l’altro – 40 extracomunitari provenienti dall’Africa saranno ospitati a spese della collettività in una struttura in via Gioco del Formaggio. E sarà solo l’inizio di una vera e propria occupazione del paese“.
“Noi – ci dicono i proprietari, una famiglia residente a Jesi – abbiamo seguito tutta la prassi, con la Prefettura, mettendo a disposizione questa abitazione per le associazioni regolarmente accreditate che si occupano di chi ha bisogno di sostegno, e non solo rifugiati o richiedenti asilo. Per tutti. E lo abbiamo fatto all’inizio di questo mese. Da quella volta, benché tre associazioni abbiano visitato il nostro immobile, nulla si è concretizzato. Si stanno dicendo, in giro, cose non vere“.
Il giochino è sempre quello. Si prende una notizia (25 profughi in arrivo), la si esagera, ci si costruisce su una teoria del complotto sull’invasione e il Piano Kalergi, e poi via: veloci come un lampo. Il 9 maggio scorso, l’incendio doloso appiccato all’Hotel Mark di Frontignano (Macerata), una struttura ricettiva chiusa da 10 anni, la cui proprietà si era anch’essa detta pronta ad accogliere profughi. La Procura di Macerata ha aperto un fascicolo per incendio doloso. A scoprire quello che è avvenuto è stato il proprietario durante un controllo della struttura: ha chiamato i carabinieri e i vigili del fuoco. L’indagine è aperta, nessun responsabile è stato trovato. C’è stata la protesta della Lega davanti all’Hotel House di Porto Recanati, un condominio multietnico di 2 mila appartamenti, in gran parte abitato da immigrati nordafricani, spesso anche al centro di operazioni di polizia contro spaccio e traffici illegali. Poi ci sono le bombe davanti alle chiese.
Bombe, scimmie e omicidi preterintenzionali
L’ultima (in realtà un tonante avanzato dalle feste popolari) è scoppiata in un paesello in provincia di Fermo, Montottone, davanti alla chiesa di Santa Maria, proprio dove si accolgono i profughi. L’autore del gesto è stato individuato, si è trattato di una bravata diversa dalle bombe precedenti. Tre fra febbraio e aprile al Duomo, a San Tommaso e a San Marco alle Paludi di Fermo. L’ordigno fatto scoppiare nella notte fra il 27 e il 28 marzo davanti alla Cattedrale, quello del 7-8 marzo a San Tommaso e l’ultimo erano quasi identici: semplici barattoli riempiti di polvere pirica o da sparo ”rinforzata”, di facile realizzazione. Chi li ha piazzati conosce bene le abitudini dei tre sacerdoti e ha atteso che il centro sociale comunale di San Marco chiudesse i battenti per entrare in azione. Quindi è una persona del posto che conosce bene tutti. E ogni tanto piazza bombe. Come quella non esplosa alla chiesa di San Gabriele dell’Addolorata a Campiglione di Fermo, sempre in zona, nel maggio scorso. Raid mai dimenticati: d’altro canto a piazzare le bombe sono i vigliacchi. Don Vinicio Albanesi, il prete simbolo dell’accoglienza nelle Marche, non ritiene che ci sia la stessa mano nelle bombe piazzate nei mesi scorsi davanti alle chiese di A Fermo e nell’omicidio di Emmanuel, il migrante nigeriano pestato da Amedeo Mancini, ora in stato di fermo per omicidio preterintenzionale aggravato. Piuttosto ritiene che dietro ai due episodi ci sia lo stesso clima. “Un contenitore – dice – di un magma formato da violenza, aggressività, frustrazione, esibizionismo”, non organizzato ma formato da” schegge impazzite in grado di coagularsi all’occorrenza. Non solo e non tanto razzismo che richiede un pensiero, un’idea. Qui invece c’è il vuoto. E in città c’è un clima melmoso che copre e minimizza”.