“La guerra è un matricidio”, il monologo di Michele Serra a Che Tempo Che Fa | VIDEO

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-04-04

Lo scrittore e giornalista parla dei conflitti visti dall’ottica di un animale. Perché gli uomini in guerra uccidono la terra, non solo i loro “nemici”

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Le immagini che passano davanti ai nostri occhi ogni giorno ci fanno pensare agli effetti della guerra, ma solo dal punto di vista dell’essere umano. Corpi che giacciono senza vita a bordo delle strade, uomini, donne e bambini che hanno perso la vita a causa di bombe esplosi, missili lanciati e raffiche di mitra. Ma questo non basta, purtroppo, per indicare tutti gli effetti nefasti sulla terra di questi conflitti. E Michele Serra prova a fornire un altro punto di vista, non limitandosi alla guerra in Ucraina.

Michele Serra e la guerra che uccide gli uomini e la terra

Nel corso del suo consueto monologo domenicale a “Che Tempo Che Fa” (RaiTre), Michele Serra parte dal punto di vista animale, per poi arrivare alla sintesi del suo discorso: la guerra è un matricidio. Perché colpisce la terra che da vita e sopravvivenza a tutti gli esseri viventi. E se gli uomini, le donne e i bambini sono le vittime innocenti per eccellenza, c’è anche il resto del pianeta che viene sconfitto quotidianamente (e storicamente) da ogni conflitto. Vittima silenziosa delle bombe rumorose.

“Chissà che cosa pensano di noi le capre. Se lo chiese Italo Calvino in un articolo del 1946 dopo l’esperimento atomico degli americani nell’atollo di Bikini, nel mezzo del Pacifico. L’atollo era stato svuotato dei suoi pochi abitanti, povera gente, ma nessuno aveva pensato che valesse la pena portare via anche qualche decina di capre che erano nell’isola. E l’esplosione le cancellò insieme a tutto il resto.
Quando una bomba cade lontana dalle case, gli uomini tirano un sospiro di sollievo. Ed è comprensibile, dentro le case ci abitiamo noi. Ma lontano dalle case non c’è il nulla. Ci sono i campi coltivati, i boschi, gli alberi, gli animali, i fiumi, i canali di irrigazione. Lontano dalle case c’è la terra, c’è il nostro cibo e le acque che beviamo. C’è il lavoro agricolo che impiega anni per fare crescere quello che i cingoli schiacciano.
La vita è fatta di tempo: un albero per crescere ci mette anni, la guerra invece il tempo lo distrugge. Ogni albero e ogni animale ucciso dalla guerra significa anni di vita bruciati. Dieci, venti, cento giri della terra attorno al sole azzerati in un istante. Un animale che muore in guerra non ha neanche la magra consolazione di sentirsi martire di una giusta causa: non ne sa niente e niente vuole sapere un gatto o una pecora delle nostre beghe. Sotte le bombe un animale muore e basta. Nessuna ragione giusta, nessuna ragione sbagliata. Semplicemente: nessuna ragione.
Non sono animalista anche se mi piacciono molto gli animali, così come non mi sento alberista se difendo un albero o umanista se difendo la vita umana. Penso che bisognerebbe riuscire a diventare terristi. Perché dentro la terrà c’è tutto: piante, bestie e uomini. La terra è una casa comune e dunque anche un bombardamento di un bosco o di un campo coltivato o di un atollo sperduto nel Pacifico è il bombardamento di una casa.
Le frasi “fare terra bruciata” e “avvelenare i pozzi” sono prese direttamente dalle pratiche di guerra: fare terra bruciata per procurare la fame, avvelenare i pozzi per procurare la sete. Non sono riuscito ad ammazzare te, dunque, ammazzo la terra che ti nutre. Ammazzo tua madre, e pazienza se è anche la mia. La guerra è un matricidio. Lo è almeno in due modi. Il primo in forma diretta, con i missili che bruciano tutto e sostanze chimiche che avvelenano l’aria e l’acqua, i defoglianti, i crateri, le schifose mine che gli eserciti seminano ovunque. Il secondo modo di uccidere la terra, meno immediato ma altrettanto devastante, è il consumo smisurato di energia. La guerra è l’attività umana più energivora. Mangia energia in quantità esorbitanti. Il singolo maggiore consumatore di petrolio al mondo, dunque il singolo maggiore produttore di gas serra al mondo è il Pentagono: l’America spende il 3,7% del suo PIL in armamenti. Circa 800 miliardi di dollari ogni anno. La Russia spende parecchio di meno, ma in proporzione riesce a fare di meglio (oppure di peggio, a seconda dei punti di vista): investe in armamenti più del 4% del suo PIL. Non è un Paese ricco la Russia a parte gli oligarchi, o forse proprio a causa degli oligarchi.
Per mantenere la loro chiostra di missili, molti governi affamano il loro popolo. L’Europa in proporzione alla sua potenza economica non spende molto in armamenti perché ha scelto di starsene comoda sotto l’ombrello degli Stati Uniti. Detto volgarmente, noi europei usiamo per la difesa soprattutto i soldi degli americani. E siccome niente è gratis, siamo meno liberi nel determinare il nostro destino politico.
Ma di tutti questi numeri importa poco o nulla al campo di grano bruciato o al cane disperso tra le macerie. A loro vantaggio va detto che quando dovessimo sparire per sempre, noi scimmie cingolate, le piante e le bestie sapranno come cavarsela. Quando l’ultima mina sarà esplosa, la volpe, già il giorno dopo, andrà ad abbeverarsi nel cratere”.

Quella volpe, secondo Michele Serra, rappresenta la differenza tra l’essere umano e l’essere vivente. Perché la guerra devasta la terra e tutte le forme di vita che la affollano. Solo che l’uomo, per distruggere un altro uomo, uccide quella madre che dà la vita.

(foto e video: da “Che Tempo che fa”, RaiTre)

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