Il “metodo Montella” e i quaranta arresti-fotocopia dei carabinieri della caserma Levante di Piacenza

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-25

Tutti in flagranza di reato e con reazione violenta del fermato (quasi sempre straniero) che resiste alle manette e morde i militari: ora la procura indaga

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Giuliano Foschini su Repubblica oggi racconta una storia molto curiosa che riguarda quaranta arresti in fotocopia effettuati dai carabinieri della caserma Levante di Piacenza, tutti in flagranza di reato e con reazione violenta del fermato (quasi sempre straniero) che resiste alle manette e morde i militari:

Quei quaranta arresti adesso sono finiti tutti sotto inchiesta. I magistrati della procura di Piacenza, guidata da Grazia Pradella, stanno rileggendo i fascicoli giudiziari relativi a quegli episodi, per capire quante di quelle catture in flagranza siano il frutto del “metodo Montella”. Un metodo che annoverava, tra i suoi “strumenti”, il pestaggio, la tortura, il ricatto, il traffico di droga. E che, nei prossimi giorni, potrebbe avere due conseguenze: l’iscrizione sul registro degli indagati di altri carabinieri e la contestazione dell’associazione a delinquere. […]

Ma perché quella sfilza di arresti fotocopia? La domanda se l’era posta anche l’allora comandante provinciale, colonnello Stefano Piras. L’ufficiale fece notare a Bezzeccheri, alla presenza di altri colleghi, che gli arresti del gruppo Montella erano tanti. Questo evidentemente era un bene per l’ordine pubblico, ma, osservava Piras, la priorità di una stazione come quella (composta da 9 carabinieri) doveva essere il controllo del territorio, svolto da carabinieri in divisa, e non invece indagini effettuate da uomini borghese. Non è un particolare di poco conto perché attiene ai ruoli e alle responsabilità di un presidio cittadino con le insegne dello Stato. E soprattutto ai sistemi di controlli interni dell’Arma. «Un appuntato, senza la supervisione di un superiore, non può effettuare indagini anche banali come possono essere quelle sullo spaccio», spiega a Repubblica un investigatore.

L’anomalia della Levante era quella. Lo sapevano benissimo sia Montella, sia i suoi superiori. Da qui l’esigenza di avere un canovaccio degli arresti, per giustificarne il senso e l’esigenza.

giuseppe montella carabinieri piacenza stazione levante

La calma è durata fino al 3 marzo di quest’anno, quando il maggiore Bezzeccheri è convocato dal nuovo comandante provinciale, Stefano Savo. È una riunione di routine, ci sono anche altri ufficiali.. Nell’incontro viene però fuori che a Piacenza i numeri degli arresti non sono eccellenti. E così Bezzeccheri, appena uscito dalla stanza di Savo, e saltando la gerarchia, contatta direttamente Montella.. Sa che è l’uomo giusto per quello scopo. «Vediamo di farne il più possibile (di arresti ndr), anche settimana prossima, almeno tre-quattro», gli dice. Montella lo prende in  parola. È il 5 marzo 2020, l’Italia sta per entrare nel primo lockdown della sua storia. Nelle settimane successive quelli della Levante, secondo gli inquirenti, arrestano e torturano Ugochokwo Anyaknu, Peterson Shestani, Mohamed Elsayed, Quichimbo Zhigue.

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