Mehdi Ali, il profugo rinchiuso da nove anni in attesa di asilo nello stesso hotel di Djokovic

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-01-07

Nello stesso hotel di Melbourne in cui Novak Djokjovic attende l’esito del ricorso per entrare in Australia, Mehdi Ali – profugo iraniano – ha trascorso nove anni di vita

article-post

Il Park Hotel, l’albergo di Melbourne in cui è stato sistemato Novak Djokovic in attesa di conoscere l’esito del ricorso presentato contro la decisione di non ammetterlo in Australia perché non vaccinato, ospita da anni anche richiedenti asilo. I familiari del tennista hanno accusato le autorità australiane di tenerlo “prigioniero” nella struttura. “Dicono così di lui perché passerà qui dentro nove ore o magari nove giorni, ma alcuni di noi ci sono da nove anni”, dice Mehdi Ali, un profugo iraniano che ha presentato richiesta di asilo ma si trova a vivere nell’hotel dal 2013 . “Non abbiamo mai visto tanti giornalisti e tante telecamere”, afferma guardando in strada dalla finestra, “che delusione rispetto all’interesse nei nostri confronti”. Il clamore mediatico della notizia, dato anche dalle manifestazioni di solidarietà al campione della racchetta da parte di persone accorse sotto il suo hotel, non ha illuminato anche le storie di chi in quell’hotel è costretto da molto più tempo.

Mehdi Ali, il profugo rinchiuso da nove anni in attesa di asilo nello stesso hotel di Djokovic

Acquistato due anni fa per 35 milioni di dollari da uno dei maggiori gruppi immobiliari nazionali, il Park Hotel con le sue 107 stanze è diventato prima un albergo per la quarantena obbligata durante il lungo lockdown per il Covid e quindi un carcere di fatto per immigrati in attesa di una decisione sul loro status. Il caso di Ali è emblematico ed era già stato sollevato dalle organizzazioni per i diritti umani: ha recentemente compiuto 24 anni, ma ha trascorso nella sua stanza tutti i compleanni da quando ne ha fatti 15. “Cerco di trovare il modo di riempire le mie giornate per sopravvivere. Se riesco a dormire, dormo più che posso, altrimenti fumo una sigaretta, guardo un film, leggo un libro. Ma in genere non faccio nulla, rimango steso nel letto a occhi aperti”. Sostiene anche di essere stato “picchiato e torturato”.

Ali appartiene all’etnia araba ahwazi, una minoranza perseguitata in Iran, i suoi familiari lo aiutarono a emigrare clandestinamente nel 2013, e da allora è stato detenuto in base alle leggi australiane, a Nauru, a Brisbane e soprattutto a Melbourne, senza trascorrere un solo giorno di libertà. “Il tempo passa ed è davvero triste che la mia gioventù svanisca così – afferma – non vorrei essere un uomo di mezza età quando uscirò di qui”. In teoria c’è un accordo con gli Stati Uniti che sarebbero pronti a dargli asilo, ma il procedimento è lento e non si sa quando verrà trasferito.

Potrebbe interessarti anche