Massimo Borelli: la sedazione palliativa dei malati di Coronavirus a Bergamo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-15

Il direttore della Rianimazione Bergamo ovest (Treviglio) dove è in corso un’epidemia di Coronavirus, ospite di Mezz’ora in più su Rai 3, spiega la gravità della situazione in città: “Di solito si arriva in ospedale quando si fa fatica a respirare, si va avanti il più possibile finché si arriva all’intubazione. Oppure non ci si arriva proprio, perché il paziente peggiora. Se non c’è più nulla da fare si procede con la sedazione palliativa”

spinner

“Abbiamo intubato un ragazzo del 1977 che aveva i soliti sintomi che ormai conosciamo”: ha spiegato così Massimo Borelli, direttore della Rianimazione Bergamo ovest (Treviglio) dove è in corso un’epidemia di Coronavirus, ospite di Mezz’ora in più su Rai 3 la bufala di COVID-19 che colpisce solo gli anziani. “Noi abbiamo 6 posti letto normalmente in Rianimazione – ha proseguito – ci siamo trovati improvvisamente ad avere quadri gravissimi sia in termini di malattia che di quantità. Le insufficienze respiratorie che vediamo in un anno sono 20-25, nell’ultima settimana abbiamo avuto 30 pazienti: 50 volte quello che accade normalmente”. Una “ondata di casi di insufficienza respiratoria grave” che ha travolto la struttura.

Massimo Borelli: la sedazione palliativa dei malati di Coronavirus a Bergamo

Ma Borelli ha raccontato anche altro per far comprendere la gravità della situazione: “Di solito si arriva in ospedale quando si fa fatica a respirare, si fanno gli esami, c’è un primo supporto di ossigeno, quando non è più sufficiente si usa il casco e si va avanti il più possibile finché si arriva all’intubazione. Oppure non ci si arriva proprio, perché il paziente peggiora. Se non c’è più nulla da fare si procede con la sedazione palliativa”. Per descrivere questi giorni in prima linea contro l’emergenza Coronavirus Borelli usa una metafora significativa: “Non avevo fatto la guerra da giovane, la stiamo vivendo in questo momento”.

massimo borelli ospedale bergamo coronavirus

Poi è intervenuto anche Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano: “Dobbiamo pensare a un sistema” migliore di “controllo sulle persone in quarantena e sui contatti stretti. Se non riusciamo a fare un lavoro sulle persone che sono i contatti stretti di contagiati all’inizio, la possibilità di chiudere il discorso in pochi mesi ce la scordiamo: tre mesi diventerebbe non realistico e aleatorio”, ha detto. E ancora: “I tampone di massa non sono sostenibili. Piuttosto è importante che si garantisca una forma di supporto reale alla quarantena domiciliare o nei luoghi idonei delle persone che hanno contratto una infezione da Coronavirus e che non devono avere assolutamente contatti. Se non riusciamo fare nel giro di poco tempo questa operazione sui contatti delle persone positive dall’inizio della diffusione del virus, la possibilità di chiudere il discorso in tre mesi diventerebbe una data del tutto aleatoria e non realistica”. Per Galli, “la situazione è complessa in alcune aree del Paese e della Lombardia in particolare. La nostra grande scommessa e’ vedere quanto riusciamo a tenere fuori Milano e l’area metropolitana da questa manifestazione di massa della malattia stessa. Quarantene fatte bene sono il modo migliore per uscire dal problema”, ha concluso.

Leggi anche: Il video con le undici pagine di necrologi sull’Eco di Bergamo: «Una semplice influenza?»

Potrebbe interessarti anche