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“Mi sono sporto, ho avuto un capogiro e il piccolo Samuele è caduto. Poi sono andato in pizzeria”

neXtQuotidiano 20/09/2021

A parlare è Mariano Cannio, l’uomo arrestato con l’accusa di aver gettato dal balcone il piccolo Samuele, il bambino di tre anni morto qualche giorno fa a Napoli

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Un racconto da brividi che, però, non sembra esser ritenuto veritiero – quantomeno per la dinamica – dagli inquirenti. Questa mattina il Gip di Napoli ha convalidato il fermo nei confronti di Mariano Cannio, il 38enne accusato dell’omicidio del piccolo Samuele, caduto (ancora da capire se gettato volontariamente) da un balcone di via Foria, nel centro della città partenopea. Quanto dichiarato dall’unico accusato sembra avere molte lacune che non fanno chiarezza su quanto accaduto pochi istanti prima della tragedia.

Mariano Cannio confessa di aver gettato il piccolo Samuele dal balcone

Una narrazione non convincente perché Mariano Cannio ha dichiarato due versioni che vanno in direzione opposta: la prima parla di “atto deliberato”, la seconda di “incidente”. E così questa mattina davanti al giudice per le indagini preliminari, il 38enne ha detto (come verbalizzato nell’ordinanza che conferma il fermo):

“L’ho preso in braccio e sono uscito fuori al balcone. Giunto all’esterno con il bambino tra le braccia mi sono sporto e ho lasciato cadere il piccolo. Poi sono fuggito dalla casa e sono andato a mangiare una pizza nella Sanità, che non ricordo, poi ho fatto ritorno alla mia abitazione. Mi sono steso sul letto e ho iniziato a pensare a quello che era accaduto, dopo sono sceso e sono andato a un bar in via Duomo e ho preso un cappuccino e un cornetto, poi sono rientrato a casa”.

Un racconto da brividi che, però, offre anche un’altra versione:

“Sono uscito fuori al balcone, avendo sempre il piccolo in braccio, e appena uscito in prossimità della ringhiera ho avuto un capogiro. Mi sono affacciato dal balcone mentre avevo il bambino in braccio perché udivo delle voci provenire da sotto, a questo punto lasciavo cadere il bambino di sotto. L’ho fatto perché in quel momento ho avuto un capogiro”.

Queste due narrazioni, per il momento, non riescono a far luce sul movente che ha portato alla morte del piccolo Samuele. Il 38enne resta in carcere (in stato di fermo, non in arresto) in attesa di ulteriori riscontri. L’uomo ha anche spiegato di essere in cura presso un centro d’igiene mentale in quanto affetto da schizofrenia, ma di non averlo comunicato alla famiglia del piccolo che lo aveva assunto come domestico.

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