Marco De Benedetti: figlio contro padre nel nome di Repubblica

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-01-21

Il figlio dell’Ingegnere contro il padre: non doveva dire falsità sul quotidiano, non ci siamo sentiti da quel giorno, i ripensamenti non sono ammessi

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Mercoledì scorso, in un’intervista a Otto e mezzo, Carlo De Benedetti, presidente onorario del gruppo che edita Repubblica, ha attaccato il fondatore del quotidiano Eugenio Scalfari («ha problemi di vanità, è molto anziano ed è ingrato nei miei confronti») e ha poi criticato il quotidiano («ha perduto l’identità»). Suo figlio Marco De Benedetti, presidente del Gruppo Editoriale Gedi che porta in edicola Repubblica, gli risponde oggi in un’intervista firmata da Dario Cresto-Dina:

Veniamo alla ragione principale per cui siamo qui. Ha capito che cosa è scattato nella mente dell’Ingegnere, è riuscito a darsi una spiegazione sulle sue parole?
«Le confesso che mi sono interrogato a lungo ed è il motivo per il quale ho atteso prima di intervenire. La verità è che le polemiche di questi giorni mi risultano tuttora incomprensibili».
In redazione c’è molto di più che un sentimento di incomprensione. Le dichiarazioni di suo padre hanno provocato un grave danno al giornale. E non credo che nel tentativo di assolverlo si possa dire come San Paolo in una lettera ai romani: faccio il male che non voglio.
«Credo che il giornale abbia subito un vulnus. Non voglio pensare che sia stato fatto in modo deliberato, ma ciò non toglie nulla alla sua gravità».
Ha detto che Eugenio Scalfari è spinto dalla vanità e che non è più in grado di sostenere domande e risposte.
«Sono critiche che non condivido. Scalfari ha ideato e creato Repubblica. Gli ha dato l’imprinting, l’onore della libertà, un ruolo speciale nell’informazione italiana. Eugenio continua a essere con la sua intelligenza la firma più importante del giornale e, credo, una garanzia di autorevolezza e indipendenza per la stragrande maggioranza dei lettori».

carlo de benedetti caracciolo scalfari

Non basta. L’Ingegnere ha aggiunto che Repubblica ha smarrito la sua identità.
«No, non è così. Il giornale non ha deviato dalla sua storia, conserva sempre quel carattere che lo ha reso unico nel panorama culturale italiano. Ma il Paese sta attraversando cambiamenti profondi e la stessa area politica di riferimento di Repubblica, il centrosinistra, sta vivendo una fase travagliata, difficile da interpretare e spiegare. Tutto questo ha inevitabilmente un impatto sulla narrazione politica. Ma Repubblica è qualcosa di più: credo con convinzione che questo giornale abbia negli anni contribuito a migliorare il Paese, e sono certo possa conservare questo ruolo. Le sue battaglie restano intatte e proseguiranno in un mondo di rapide e continue trasformazioni. L’identità non è soltanto forgiata nel passato, ma si scrive nel futuro».
L’ingegner De Benedetti l’ha chiamata? Vi siete sentiti per giungere a un chiarimento?
«No, fino ad oggi non ci siamo sentiti. Come le ho detto ho scelto la via della saggezza per non reagire a caldo. Ci sentiremo sicuramente nei prossimi giorni».
Questa vicenda sembra frutto di un rimpianto. Come se l’Ingegnere si fosse pentito di avere lasciato a lei la carica di presidente di un giornale che a suo dire, smentito da Scalfari, avrebbe contribuito a fondare.
«Nel 2013 mio padre decise che era giunto il momento di avviare la successione del gruppo da lui fondato con la donazione a noi figli che siamo oggi gli unici proprietari. La sua scelta di rinunciare alla presidenza è stata solo l’ultima tappa di una successione imprenditoriale e familiare oserei dire quasi naturale. Un processo irreversibile dal quale non si può tornare indietro. Noi gli siamo riconoscenti ed abbiamo accettato la sfida con consapevolezza, ma i ripensamenti e i rimpianti non sono ammessi».

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