Lo “spiegone” delle dimissioni di Marco Damilano da L’Espresso

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-03-04

Non è più direttore del settimanale che, nel giro di pochi giorni, dovrebbe passare dal Gruppo Gedi a BFC Media

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“Scellerata”. Marco Damilano utilizza questo aggettivo per definire la trattativa che, nel giro di pochi giorni, dovrebbe concretizzarsi tra il Gruppo Gedi (controllato dalla famiglia Elkann) e BFC Media. Sul tavolo c’è proprio lo storico settimanale L’Espresso che il giornalista dirige da quattro anni e mezzo. Anzi, dirigeva. Perché oggi ha annunciato le sue dimissioni da quell’incarico, mostrando tutto il suo malumore per la decisione di vendere quella creatura che ha diretto per quasi un lustro e che è universalmente riconosciuta dai lettori che da anni corrono in edicola per leggere gli approfondimenti pubblicati sul quel settimanale che ha 67 anni di vita. 67 anni di storia dell’editoria italiana.

Marco Damilano lascia la direzione de L’Espresso, i motivi

Partiamo dalla fine. Le parole utilizzate da Marco Damilano per raccontare questa sua decisione sono molto forti e fanno seguito all’annuncio del comitato di redazione de L’Espresso di approvare un pacchetto di scioperi per protestare contro questa vendita improvvisa:

“Mi è stata offerta la possibilità di restare, ringrazio, ma non posso accettare per elementari ragioni di dignità personale e professionale. Non è una questione privata, spero che tutto questo serva almeno a garantire all’Espresso un futuro e ad aprire un dibattito serio sul ruolo dell’informazione nel nostro Paese.
Ho cercato sempre di fermare una decisione che ritengo scellerata. Mi sono battuto in ogni modo, fino all’ultimo giorno, all’ultima ora. Ma quando il tempo è scaduto e lo spettacolo si è fatto insostenibile, c’è bisogno che qualcuno faccia un gesto, pagando anche in prima persona.
Lo faccio io. Lo devo al mestiere che amo, il giornalismo. E soprattutto lo devo alla mia coscienza”.

Nel messaggio di saluto ai lettori de L’Espresso, Damilano ha raccontato una lunga pagina di storia del giornalismo e dell’informazione italiana. Non solo i suoi quattro anni e mezzo alla guida del settimanale, ma anche il ruolo storico di quella rivista molto apprezzata (anche se sta pagando il calo di lettori, come tutto il mondo dell’editoria nel nostro Paese) e che ha sempre offerto spazi di riflessione e inchiesta, tra la politica e il sociale. Ma questo passaggio di consegne dal Gruppo Gedi a BFC Media non sembra piacere agli attori protagonisti (direttore, ormai ex, e redattori). E il primo passo lo ha fatto l’uomo che ha guidato la redazione per questi quattro anni e mezzo, con una mail inviata “all’ingegnere John Elkann” per comunicare la sua decisione.

Quali sono gli attori in ballo

La scelta di Marco Damilano ricalca in pieno il sentimento interno alla redazione della storica rivista. Il gruppo Gedi, dal giorno del passaggio dalle mani della famiglia De Benedetti a quelle della famiglia Elkann, da mesi lavora sulla razionalizzazione dei costi interni. E L’Espresso è rientrato in quel pacchetto di “media” da mettere sul mercato. L’interesse principale è arrivato da BFC Media, una società fondata nel 1995 da Denis Masetti (il nome originale era Blue Financial Communication S.p.A., fino all’aprile del 2021) il cui pacchetto di maggioranza è stato acquistato il 30 dicembre dello scorso anno dall’imprenditore Danilo Iervolino che, proprio in quei giorni, aveva ultimato anche l’acquisto della Salernitana, il club che milita in Serie A. Il lancio dell’Opa lo ha portato ad acquisire il 51% che rappresenta la maggioranza – in termini di quote assolute – del gruppo, nonostante la presidenza sia rimasta a Masetti. E nel portfolio di brand a livello editoriale troviamo riviste mensili molto note: «Forbes», «Bluerating», «Private», «Asset Class», «COSMO», «Bike», «Robb Report», oltre a tre canali televisivi trasmessi sul digitale terrestre o inseriti nel bouquet satellitare di Sky. E il prossimo obiettivo – siamo a un passo – è L’Espresso. Ma senza Marco Damilano alla guida.

(Foto IPP/Gioia Botteghi)

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