La Mafia del Viterbese

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-01-25

Il calabrese Giuseppe Trovato e l’albanese Ismail Rebeshi erano a capo del sodalizio. L’organizzazione si dedicava ai compro oro e al recupero crediti

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“È la prima volta che viene contestato il 416 bis per un sodalizio nel viterbese”. A dirlo il procuratore aggiunto della Dda di Roma Michele Prestipino nel corso di una conferenza stampa che si è svolta al Comando provinciale dei carabinieri di Roma sull’operazione dei carabinieri di Viterbo contro un’organizzazione che operava nel viterbese a cui è stato contestati reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis del c.p.).

La Mafia del Viterbese

Le indagini hanno messo in luce un’organizzazione dai connotati mafiosi che avrebbe imposto il proprio controllo su negozi compro oro, locali notturni, ditte di trasloco e attività delittuose come recupero crediti nella provincia di Viterbo. Il sodalizio – con solidi collegamenti con ambienti ‘ndranghetisti – si era imposto a Viterbo e provincia, attraverso una serie di aggressioni e gravi atti intimidatori, esercitando un’azione di controllo del territorio. Particolarmente gravi gli episodi che hanno visto incendiare un’auto dei Carabinieri.

A capo del gruppo criminale sgominato dai Carabinieri di Viterbo e dalla DDA, “che presenta le caratteristiche dell’associazione di tipo mafioso , c’erano due imprenditori: il calabrese Giuseppe Trovato e l’albanese Ismail Rebeshi. Trovato, detto Peppino, 43enne di origini calabresi con legami con la famiglia ‘ndranghetista Giampa’ di Lamezia Terme, gestore di alcuni compro oro, e Ismail Rebeshi, detto Ermal, imprenditore albanese di 36 anni nel settore dei locali notturni e della rinvendita di auto. L’organizzazione smantellata dai Carabinieri era dedita principalmente ad imporre il proprio controllo sulle attivita’ economiche e sul traffico degli stupefacenti.

Le auto dei carabinieri incendiate

Sono decine e decine gli episodi di auto incendiate riconducibili al sodalizio. In due casi hanno interessato anche macchine di Carabinieri impegnati nelle indagini. Il primo episodio risale all’aprile 2017 quando fu incendiata la macchina privata di un carabiniere del Nucleo investigativo ‘colpevole’ di aver partecipato all’arresto per droga di alcune persone vicine al gruppo. L’altro episodio, poco dopo, ha riguardato la macchina di un altro carabiniere. Sventato anche un altro tentativo d’incendio della macchina di un poliziotto ‘responsabile’ di aver effettuato controlli nei ‘compro oro’ riconducibili a uno dei capi. In quell’occasione furono trovate due bottiglie incendiarie. Sarebbe inoltre emerso un accanimento nei confronti delle vittime. In un caso, ad esempio, a un commercialista furono incendiate, due teste di animali fuori all’attivita’ e recapitati di proiettili.

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