Luca Volonté: il cattodeputato e la tangente da due milioni di euro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-06-25

Ve lo ricordate Luca Volonté? Quello che si faceva pubblicità chiedendo la censura di videogiochi antipreti? Sì, lui. Adesso è nei guai: è accusato di corruzione e riciclaggio dalla procura di Milano

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Luca Volontè, 50 anni, è stato eletto due volte deputato nel 1996 e nel 2001 sempre nei ranghi della Cdu; è stato riletto alla Camera nel 2006 e nel 2008 per l’Udc. È stato poi componente del Consiglio d’Europa. Tra le sue attività più note c’è la guerra ad Operazione Pretofilia, videogioco sui preti pedofili del collettivo Molleindustria, che l’allora deputato denunciò per offesa al sentimento religioso della popolazione.

Luca Volonté: il cattodeputato e la tangente da due milioni di euro


Da componente del Consiglio d’Europa, invece, fu tra coloro che bocciarono il rapporto Strasser su 85 prigionieri politici detenuti in Azerbaijan un paio d’anni fa: Volontè ha ricevuto dal governo dell’Azerbaijan per quello e altri risultati, secondo l’accusa della procura di Milano che si muove per corruzione e riciclaggio. L’ammontare della tangente, racconta oggi il Corriere della Sera, è di 2 milioni e 390mila euro:

Il denaro, proveniente dalle casse della società di telecomunicazioni azera Baktelecom mmc, tra il 2012 e il 2014 arrivò alla società Lgv e alla Fondazione Novae Terrae, entrambe riferibili a Volontè, attraverso 18 bonifici effettuati dalle società inglesi Polux management lp e Hilux service lp e transitati dalla branca estone della Danske Bank. Operazioni bancarie «sospette» che furono intercettate dall’ Uif, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, e segnalate alla Procura di Milano che avviò un’inchiesta sfociata a febbraio 2014 nella perquisizione da parte della Guardia di Finanza dell’abitazione di Volontè a Milano e delle sedi della società e della fondazione.
Volonté, sostengono i magistrati, avrebbe ricevuto il denaro «per sé e per terzi soggetti» dal politico Elkhan Suleymanov, suo collega nell’Assemblea parlamentare, da un collaboratore di questi, tale Muslum Mammadov, e da «altri soggetti politici azeri non meglio identificati» affinché asservisse «la propria funzione pubblica» ai loro interessi e a quelli del «governo dell’Azerbaijan». Secondo quanto si legge nell’avviso di conclusione delle indagini, che pre lude alla richiesta di rinvio a giudizio, l’allora parlamentare Udc avrebbe assicurato «nel corso di incontri e riunione in Azerbaijan e a Strasburgo, il proprio sostegno alle posizioni politiche dello Stato straniero dietro il pagamento di denaro». Spingendosi fino a «orientare le votazioni» del gruppo Popolari-Cristiano Democratici all’Assemblea, di cui era presidente, contro (come avvenne) il rapporto sui prigionieri politici stilato dal socialdemocratico tedesco Christoph Strasser e fortemente osteggiato dall’Azerbaijan, ma sul quale anche i delegati di alcuni Paesi avevano dubbi.

Per raggiungere l’obiettivo, Volontè avrebbe anche realizzato «iniziative politiche a breve e lungo periodo» arrivando a orientare «l’attività del proprio gruppo parlamentare a favore degli interessi esclusivi» dell’Azerbaijan. Una violazione dei «doveri di fedeltà, correttezza ed onestà» oltre che del codice di condotta del Consiglio che vieta di usare la carica per scopi privati e di accettare compensi legati alla propria condotta politica. «Le contestazioni mosse, oltre ad essere infondate in diritto, non trovano riscontro negli atti di indagine e si fondano su una errata interpretazione di relazioni e rapporti politici legittimamente intrattenuti da Luca Volontè con esponenti appartenenti al Consiglio d’Europa», sostengono i suoi legali, gli avvocati Alessandro Pistocchini e Domenico Pulitanò.

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